Conoscere il prezzo vero dei farmaci: un vantaggio per i cittadini europei

Spesso capita di trovarsi di fronte a scelte presentate come ovvie, che non richiedono alcuna giustificazione. Eppure, vale sempre la pena di chiedersi se non sia preferibile motivare le decisioni. Un esempio è il caso della definizione del prezzo dei farmaci rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN): è giusto che sia considerato riservato?
Non è stata oggetto di discussione pubblica la decisione che ha portato a mantenere riservato il prezzo contrattato dall’AIFA per il rimborso da parte del SSN del primo dei farmaci approvati per il trattamento dell’epatite C, il sofosbuvir. Sappiamo infatti che il prezzo al pubblico per le 12 settimane di trattamento è di 74.000 euro, che il prezzo ex factory, al netto delle quote del farmacista e del grossista, è di 45.000 euro e che, tenuto conto degli sconti, il prezzo iniziale di acquisto da parte del SSN è di 37.000 euro.
Sulla base del numero di pazienti che verranno complessivamente trattati in Italia, si sa anche che il prezzo si ridurrà progressivamente. Non è noto però il prezzo nei diversi scaglioni di pazienti trattati, e neppure quale sia il prezzo finale nell’ipotesi che tutti i pazienti siano trattati con questo farmaco.
Sulla conoscenza del prezzo “vero” – per il SSN – di un farmaco, si scontrano ragioni a favore della riservatezza e ragioni a favore della trasparenza. Gli argomenti utilizzati a favore della riservatezza nel prezzo finale sono di due tipi:
1. mantenere lo stesso prezzo nominale fra i vari Paesi serve a impedire il fenomeno dell’importazione parallela;
2. se l’entità dello sconto non è nota, un’azienda può permettersi di fare uno sconto maggiore in un contesto, anche se quello sconto non è replicabile in tutti i contesti.
Il fatto è che se le contrattazioni sono riservate, solo le aziende conoscono i prezzi applicati nei vari Paesi e non i servizi sanitari. Di recente è apparsa una notizia che fa riferimento a una “gara” indetta da Express Scripts, importante catena di fornitura di farmaci negli USA1. Le aziende produttrici dei due principali prodotti per il trattamento del genotipo 1 dell’epatite C sono state messe in competizione allo scopo di fornire solo il farmaco con la maggiore riduzione del prezzo “nominale”. L’informazione sul prezzo concordato è stata tuttavia considerata riservata ed è noto che il principio della riservatezza è largamente condiviso dalle aziende farmaceutiche. L’obiettivo è chiaro: non avere ripercussioni sul mercato complessivo del farmaco.
Ora, è evidente quale sia l’interesse delle aziende. Non dichiarando il prezzo finale possono permettersi di strappare prezzi più alti laddove l’interlocutore di turno abbia un minore potere contrattuale. In altri termini, se la (non) conoscenza ha un valore, gli unici che hanno l’informazione completa e che ci possono guadagnare sono le aziende stesse. Nel caso dei servizi sanitari, non dichiarando il prezzo vero si contribuisce a mantenere alti i prezzi nominali e a creare una sorta di bolla speculativa.
Se si assume il punto di vista dell’insieme dei Paesi europei, non è escluso che un singolo Paese possa guadagnarci. Ma evitando di rendere pubblica l’informazione sul prezzo, il guadagno in un Paese è evidentemente ottenuto a scapito dei prezzi praticati in altri Paesi. Così, i singoli Stati fanno a gara per farsi un danno reciproco. La mancanza di trasparenza è pagata a prezzo di una perdita per il complesso dei cittadini europei ed è incomprensibile che questo atteggiamento sia considerato normale.
Giuseppe Traversa
Centro nazionale di epidemiologia
Istituto Superiore di Sanità
giuseppe.traversa@iss.it

1. www.genengnews.com/insight-and-intelligence/ ensuring-the-price-is-right-for-cancer-drugs/77900464