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DOI
10.1707/2044.22208
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(63,9 kb)
Ric&Pra
2015;31(5):195-197
titolo -
split_articolo,controlla_titolo
-
art_titolo
Farmaci oncologici: prima il beneficio clinico
autori -
vau_aut_id
Gianluigi Casadei
affiliazione_autori -
art_affiliazioni
CESAV – Centro Economia Sanitaria
“Angelo e Angela Valenti”, Ranica (BG)
gianluigi.casadei@guest.marionegri.it
testo -
art_testo
“Il valore di ogni nuovo intervento terapeutico o trattamento è definito dal rapporto fra l’entità del beneficio clinico apportato e il suo costo”. Con questa affermazione si apre la proposta della
European Society for Medical Oncology
(ESMO) di un algoritmo per valutare il beneficio clinico dei farmaci oncologici
1
. È interessante osservare come il dibattito sul valore dei farmaci oncologici sia partito dagli stessi oncologi, nonostante il termine “valore” sia comunemente percepito con scetticismo dai medici, che lo considerano un sinonimo di riduzione dei costi
2
. Certamente, gli oncologi si sono convinti che non è più possibile continuare ad accettare farmaci copia o con benefici marginali sproporzionati rispetto al loro prezzo e hanno capito che siamo prossimi a superare la soglia della “tolleranza sociale” sui costi sanitari
3
. Già nel 2009 Sobrero e Bruzzi avevano proposto di predeterminare una soglia minima di sopravvivenza (OS) o sopravvivenza libera da progressione (PFS) proporzionale al bisogno medico esistente, in modo da valutare se il farmaco non fosse soltanto una novità ma potesse rappresentare un reale progresso terapeutico
4
. Questa iniziativa era stata rilanciata nel 2013 da un gruppo di lavoro della
American Society of Clinical Oncology
(ASCO) che aveva definito per alcune neoplasie gli obiettivi minimi da raggiungere affinché il miglioramento della sopravvivenza potesse tradursi in beneficio clinico
5
. La crisi economica mondiale ha avuto il merito di porre alla ribalta la questione della sostenibilità della spesa sanitaria anche nei paesi “benestanti”. Problema che è stato esasperato dalla (incurante) perseveranza con cui le industrie farmaceutiche hanno continuato a perseguire la strategia dei prezzi elevati, tanto da spingere la comunità scientifica e sociale a chiedere di rivelare come siano stabiliti i prezzi dei farmaci
6
.
Nel giro di poche settimane, quasi ci trovassimo di fronte a una sorta di gara, ESMO
1
e ASCO
7
hanno pubblicato due differenti algoritmi per misurare l’entità del beneficio atteso dalle nuove terapie per i tumori solidi e fornire ai differenti decisori uno strumento, riproducibile e per quanto possibile obiettivo, per parametrare il beneficio clinico. Il gruppo di lavoro europeo è stato finanziato dall’ESMO mentre due degli autori dell’algoritmo americano sono dipendenti di industrie farmaceutiche.
Come valutare il beneficio clinico di un trattamento oncologico? I due algoritmi concordano nel considerare la OS come il parametro preferenziale per valutare il beneficio clinico sia delle terapie potenzialmente curative, quali i trattamenti adiuvanti e neo-adiuvanti, che non curative per malattia localmente avanzata o metastatica (tabella I). La sopravvivenza libera da malattia (DSF) o la PFS hanno una minore valenza e sono utili solo quando il dato di OS non è maturo o non è disponibile. Il gruppo di lavoro ESMO sottolinea come la
pathological complete remission
non rappresenti un valido endpoint surrogato per gli studi clinici sui trattamenti neo adiuvanti. La percentuale di risposta (RR), criterio primario sempre più popolare negli studi di fase II e anche III, è preso in considerazione nell’algoritmo ASCO limitatamente agli studi non controllati con un peso dimezzato rispetto alla OS. Secondo ESMO, gli studi che hanno come criterio primario di efficacia la RR non sono in grado di definire un beneficio clinico rilevante. La tossicità, intesa come incidenza di eventi avversi di grado 3+, e lo stato di salute del paziente, comunque valutato in termini di qualità di vita, sintomatologia correlata alla neoplasia o intervallo temporale libero da trattamenti, sono due criteri secondari utili a definire il beneficio clinico.
A fronte di un ampio e crescente ventaglio di misure di efficacia che troppo spesso risultano confondenti, il merito dei due algoritmi è di restringere il cerchio e concentrare l’attenzione sui criteri che possono permettere di misurare il beneficio clinico in oncologia. Nessuna sorpresa, ma in un contesto dove l’emotività è in grado di condizionare le decisioni, è importante che gli stessi oncologi concordino che OS e, ove giustificato, anche PFS sono i principali parametri a cui fare riferimento al momento di definire il denominatore del rapporto di costo-efficacia.
Tuttavia, come sottolineato dagli stessi autori di entrambi gli algoritmi, la loro applicabilità dipende dalla disponibilità di dati comparativi ottenuti da studi con elevata qualità metodologica. La possibilità di soddisfare queste condizioni è tutt’altro che scontata: una recente analisi ha evidenziato che, rispetto ad altre aree terapeutiche, gli studi in oncologia sono più frequentemente non controllati (62% vs. 24%), in aperto (88% vs. 47%) e non randomizzati (64% vs. 22%)
8
.
Risulta evidente che l’applicabilità attuale degli algoritmi sia limitata e che il loro impiego futuro sia alquanto incerto e, considerando gli interessi in gioco, dipenda soprattutto da una coerente presa di posizione delle autorità sanitarie. Quella regolatoria europea dovrebbe (finalmente) farsi carico della valutazione del beneficio clinico addizionale e, per lo meno, dovrebbe mostrarsi riluttante ad approvare farmaci oncologici sulla base di singoli studi di fase II, non controllati e basati su criteri di efficacia non sufficienti per stimare un beneficio clinico atteso
9
. I Servizi sanitari nazionali, i cosiddetti
payer
, potrebbero rivendicare un ruolo pro-attivo stabilendo regole semplici e trasparenti per la valutazione del beneficio clinico. In questa ottica, potrebbe essere utile e ragionevole un
Consensus
europeo per la validazione e l’adozione dell’algoritmo ESMO. Se il prezzo europeo dei farmaci (oncologici) appare un’ipotesi futuribile, per lo meno la comunità scientifica e le autorità sanitarie europee possono adottare un parametro comune per valutare in modo dinamico il beneficio clinico dei nuovi farmaci oncologici. Un obiettivo tutt’altro che impossibile: per questo è necessario passare dalla teoria alla pratica e valutare l’applicabilità degli algoritmi proposti.
biblio_titolo -
ignora
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art_bibliografia
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