Packaging dei farmaci: scelte rischiose e lassismo
Il packaging di un farmaco può contribuire alla sicurezza o alla pericolosità delle terapie e può influenzare la scelta di queste stesse da parte del medico proscrittore. La rivista Prescrire ha esaminato nel 2015 il packaging di 240 farmaci, commercializzati in Francia, evidenziandone vantaggi e svantaggi. Seppur riferito alla realtà francese, alcune informazioni esemplificative riteniamo possano interessare i lettori di R&P.
Red.
1. Leggibilità della Denominazione Comune Internazionale: ancora molti progressi da fare
La Denominazione Comune Internazionale (DCI) è fondamentale per identificare, in maniera chiara e immediata, i componenti di un farmaco e, soprattutto, dovrebbe essere un requisito per evitare errori di terapia.
Al fine di aiutare i pazienti a riconoscere i farmaci da assumere, sarebbe opportuno eliminare o ridurre il nome di fantasia della specialità liberando spazio e rendendo più leggibile e chiara la DCI (un esempio ne sono i farmaci generici: Ketoconazolo HRA, Norepinefrina). In alternativa si potrebbe rendere la DCI in grassetto, quindi in risalto, rispetto al nome di fantasia, rendendola facilmente individuabile (Iclusig®-ponatinib). I packaging ‘a portafogli’, in cui la scatola e il foglietto illustrativo sono tutt’uno, risultano utili sia in termini di spazio che di chiarezza. È questo il caso della enzalutamide (Xtandi®).
La peggiore condizione di leggibilità della DCI è data da diverse gamme di farmaceutici ad ‘ombrello’ ovvero serie di prodotti, come farmaci o dispositivi medici con benefici e rischi diversi, ma identificabili sotto uno stesso marchio. L’obiettivo, essenzialmente commerciale, è quello di pubblicizzare un unico marchio, come per esempio Actifed, Vicks, che però dispone di prodotti destinati a usi diversi.

2. Preparare la dose di farmaco appropriata: quali errori evitare
La forma farmaceutica e il packaging devono consentire una corretta preparazione estemporanea della dose da somministrare, qualora necessaria. Un buon esempio è dato dal propranololo (Hemangiol®). Questo farmaco, per cui da poco è stato approvato l’uso pediatrico per il trattamento di gravi emangiomi, è disponibile in soluzione orale aromatizzata ed è dotato di un dispositivo di misurazione adeguato alla somministrazione di un corretto dosaggio nei neonati (siringa dosatrice in mg). Ciò dovrebbe essere possibile anche per forme farmaceutiche solide al fine di garantire la sicurezza e la qualità della somministrazione in qualsiasi ambiente (ospedale, casa, scuola, ecc.). Il confezionamento in blister delle forme solide garantirebbe la possibilità di selezionare in maniera molto semplice la singola dose e fornirebbe informazioni utili immediate quali: DCI, scadenza e numero di lotto. Le compresse di dabigatran (Pradaxa®) o di bromocriptina (Parlodel®) sono appunto conformi a questo standard. Tuttavia nel 2015 sono stati immessi in commercio numerosi farmaci in flaconi [gli antitumorali: idelalisib (Zydelig®), ponatinib (Iclusig®), regorafenib (Stivarga®); gli antivirali: ribavirina (Ribavox), associazioni ledipasvir + sofosbuvir (Harvoni®) e dolutegravir + abacavir + lamivudina (Triumeq®); e l’antiepilettico stiripentolo (Diacomit®)]. Alcune aziende hanno preferito utilizzare i flaconi anziché i blister nonostante questi ultimi presentino una serie di vantaggi come qualità, conservazione sicura ed etichettatura standard. L’autorizzazione all’utilizzo dei flaconi rispetto ai blister rappresenta una criticità dell’EMA che prima sensibilizza circa la sicurezza delle cure e poi autorizza ciò che potrebbe non garantirla.

3. La preparazione delle dosi: complessa sia per forme farmaceutiche liquide che solide
La preparazione della dose di farmaci iniettabili come la defibrotide (Defitelio®), l’alfa élosulfase (Vimizim®), il siltuximab (Sylvant®) risulta spesso difficoltosa a causa della ricostituzione o diluizione. Tale difficoltà di preparazione si può riscontrare anche in forme farmaceutiche solide come nel caso dell’antitumorale cabozantinib, autorizzato in 3 dosaggi: (60, 100 e 140 mg), ma commercializzato in capsule da 20 e 80 mg. L’azienda ha progettato un packaging eccessivamente complesso che aumenta la probabilità di errori di dosaggio e la necessità di una vera e propria formazione del paziente. Il packaging è a portafoglio e presenta blister costituiti da righe di 2 o 4 capsule da 20 o 80 mg. La somma dei dosaggi per riga corrisponde alla dose giornaliera.

4. I nuovi regimi posologici andrebbero ben segnalati
I regimi posologici di nuova autorizzazione andrebbero segnalati sul packaging e sui foglietti illustrativi per evitare errori terapeutici. Un esempio di packaging non conforme a questo criterio è rappresentato dal metotrexato in compresse la cui posologia consterebbe di una somministrazione settimanale, spesso confusa con una giornaliera. Lo stesso dicasi per una specialità a base di idrocortisone (Plenadren®) da somministrare in compresse a rilascio modificato una volta al giorno, spesso confusa con 2 o 3 dosi giornaliere.
Inoltre, nel 2015 sono stati commercializzati diversi dosaggi di pasireotide (Signifor®). Tra essi una formulazione per iniezione intramuscolare da 60 mg da somministrare mensilmente per il trattamento dell’acromegalia e un’altra per iniezione quotidiana e sottocutanea da 0,6 mg per il trattamento della malattia di Cushing. Nessuna delle due confezioni ha elementi che evidenzino le differenze tra le due specialità alimentando confusione tra i due dosaggi ed esponendo i pazienti a un eventuale sovradosaggio.
Al contrario, altre aziende hanno scelto di operare in maniera migliore e di fornire un packaging più chiaro. In particolare sulla confezione delle compresse a rilascio prolungato di tacrolimus (Envarsus®) è appunto evidenziato che il farmaco va assunto una volta al dì, a differenza di tacrolimus capsule a rilascio non modificato da assumere due volte al dì.

5. Come si tratta un bambino senza avere a disposizione una specialità pediatrica?
Nel riassunto delle caratteristiche dell’antiepilettico stiripentolo (Diacomit®) è chiaramente riportato che la dose pediatrica deve essere calcolata considerando i milligrammi di farmaco per chili di peso del bambino. Tuttavia le formulazioni sono rimaste a dose fissa e i packaging non sono stati aggiornati. A fronte di tutte le possibili dosi di stiripentolo da preparare sono disponibili solo due dosaggi: 250 mg e 500 mg senza un dispositivo per la preparazione di dosi intermedie. Quindi, chi si dovrebbe assumere la responsabilità della preparazione? Va effettuata in ospedale o a casa dai genitori? Chi corre il rischio di provocare errori terapeutici?
Situazione analoga è stata rilevata per l’everolimus (Votubia®) il cui uso è stato esteso a bambini di età superiore all’anno e per cui continuano a essere disponibili solo dosaggi fissi, nonostante la preparazione della dose pediatrica dipenda alla superficie corporea e dalla concentrazione ematica residua del farmaco. Inoltre, secondo le indicazioni fornite dalla RCP di questo farmaco, le compresse dispersibili devono essere assunte solo come sospensione e non devono essere deglutite intere, masticate o frantumate. La sospensione può essere preparata in una siringa per uso orale esponendo i pazienti, o chi deputato alla preparazione, alla manipolazione di un agente citotossico come l’everolimus.
Un ruolo molto importante nella predisposizione al rischio di errori terapeutici è dato dai calcoli di conversione tra misure di grandezza e di capacità (ml vs mg). Nel 2015 per esempio è stata immessa in commercio la sospensione orale pediatrica a base di mercaptopurina (Xaluprine®), risultata più conveniente delle compresse, ma purtroppo provvista di siringhe per la somministrazione graduate in ml anziché in mg.

6. Attenzione alle nuove concentrazioni di insulina
Il mercato delle insuline è sempre stato complicato dalla presenza di diverse miscele, degli analoghi e dei vari dispositivi per la somministrazione. La situazione è attualmente peggiorata data l’immissione in commercio di un nuovo dosaggio dell’insulina lispro. Questa infatti era già presente in penne da 100 UI/ml e, con la commercializzazione nel 2015 di quelle da 200 UI/ml, destinate ai pazienti la cui somministrazione di insulina prima dei pasti supera le tre volte, è aumentato il rischio di errori di dosaggio. Quando si cambia un’insulina da 100 UI/ml a 200 UI/ml, è importante spiegare al paziente che, nonostante ciò, si eroga la stessa dose totale di farmaco diminuendo il numero delle somministrazioni e, pertanto, non è necessario dividere il numero di unità per due.

7. Nuovi aspetti di sicurezza per farmaci di vecchia immissione in commercio
Per dieci anni, la qualità dei medicinali autorizzati tramite procedura europea ha beneficiato di test di leggibilità da parte di gruppi di pazienti. Ciò ha condotto a un incremento significativo delle informazioni percepite dai pazienti stessi. Un esempio è dato proprio dalla specialità a base di propanolo (Hemangiol®) e dalle specialità a base di metronidazolo (Flagyl®). Per il Flagyl® infatti sono stati resi noti alcuni nuovi effetti collaterali psichiatrici determinando una variazione della scheda tecnica seguita da interventi educativi sui pazienti.
Ciò sottolinea che anche per farmaci immessi in commercio in passato è sempre necessario aggiornare le schede tecniche e informare i pazienti circa i nuovi aspetti farmacologici. Molto spesso, però, ciò non si è verificato aumentando il rischio di errori terapeutici. È questo infatti il caso degli estrogeni vaginali. Molte informazioni circa i rischi trombotici e oncologici correlati al trattamento con estrogeni (estriolo e promestriene) della secchezza vaginale in menopausa non erano noti tra gli anni ‘80 e ‘90. Per questo motivo il packaging e le schede tecniche di alcune specialità in commercio, quali Colpotrophine®, Gydrelle®, Physiogine®, Trophicreme®, non erano abbastanza esplicative riguardo questo aspetto. Successivamente è stato evidenziato un maggior rischio di trombosi, cancro al seno e all’endometrio, nelle donne sottoposte al trattamento in questione. Questa informazione è stata inserita nella scheda tecnica di una specialità a base di estriolo di nuova immissione in commercio (Blissel®), ma non ancora in quelle di vecchia data.

8. Rischio di ingestione accidentale da parte dei bambini: strategie d’azione
Farmaci contenenti dosi pericolose o tossiche continuano ad avere packaging senza sistemi di sicurezza aumentando il rischio di ingestione accidentale da parte dei bambini. È questo il caso dei flaconi di idrossizina (Atarax®), temazepam (Normison®) e stiripentolo (Diacomit®) che non posseggono cappuccio di sicurezza.

9. Sistemi di sicurezza, non solo per i flaconi
Nessuno dei blister analizzati era rivestito da pellicola di sicurezza.
Nel 2014, Prescrire ha assegnato il premio per il miglior packaging alla brimonidina in gel per la pelle (Mirvaso®) in quanto dispone di un tubo con tappo a vite di sicurezza.
Nonostante ad oggi sia possibile disporre di numerosi sistemi di sicurezza, continuano a verificarsi numerosi casi di grave ingestione di farmaci da parte di bambini. Nel 2015 è stato immesso in commercio un collirio a base di brinzolamide e brimonidina (Simbrinza®). Nonostante l’azienda produttrice pubblicizzi un minor rischio tossico per i bambini, non ha ancora provveduto all’implementazione di un sistema di sicurezza.
Le caratteristiche delle formulazioni aumentano il rischio di ingestione in funzione di quanto riescono ad attrarre i bambini. In particolare l’associazione tra paracetamolo e feniramina (Doli ètat grippal®) è disponibile in una polvere fruttata tale da avere un sapore quasi di caramelle. Il packaging di questa specialità viene aperto molto facilmente consentendo l’ingestione di dosi epatotossiche di paracetamolo per i bambini.

10. Requisiti delle agenzie di autorizzazione in commercio poco restrittivi, causa di mediocrità e di mancata sicurezza
La qualità del confezionamento dei farmaci è regolamentata dalla Direttiva Europea 2001/83. Le disposizioni in essa contenute sono interessanti, ma ancora troppo imprecise per garantire un buon confezionamento. Dall’analisi condotta risulta infatti che le aziende hanno un grosso margine di azione in questo ambito. Esse sono attualmente libere di scegliere se mettere in risalto la ragione sociale a scapito della DCI o viceversa, se implementare sistemi di sicurezza per ridurre il rischio di ingestione accidentale da parte di bambini, produrre flaconi o blister, confezioni singole o multiple, dosi precise o da preparare in maniera estemporanea con dispositivi a supporto ad hoc.

11. Le agenzie regolatorie sono troppo permissive o hanno altre priorità?
Nonostante le agenzie regolatorie abbiano un ruolo molto chiaro nella protezione della sicurezza dei pazienti, in funzione della suddetta Direttiva Europea, non sempre si mostrano decise richiedendo requisiti specifici alle aziende produttrici.
In Francia nel 2015 l’azienda che produce l’aciclovir in sciroppo da 200 mg/5 ml ha cambiato il dispositivo per la somministrazione. In particolare ha fornito un doppio cucchiaino da 2,5 e 5 ml non conforme alla dose da 5 ml o 10 ml raccomandata nella scheda tecnica. L’agenzia regolatoria francese, anziché indurre l’azienda produttrice a omologare il dispositivo alla dose raccomandata, ne ha negato l’idoneità.
La revisione dei packaging non risulta sistematica. Il caso dell’associazione ledipasvir e sofosbuvir (Harvoni®, combinazione fissa per il trattamento dell’epatite C) ha sollevato a tal proposito molti dubbi e domande. Nella scheda tecnica del farmaco si da poco risalto agli effetti indesiderati e solo due ne sono menzionati (fatica e mal di testa), nonostante siano disponibili studi preclinici su animali che ne attestino alcuni ematologici, epatici, pancreatici e cardiaci, anche gravi. Inoltre, dai risultati di un trial relativo alla combinazione sofosbuvir/ledipasvir sono stati evidenziati effetti collaterali preoccupanti quali: disturbi del sonno, danni al pancreas, ipertensione, tosse e dispnea. La scheda tecnica dell’associazione sofosbuvir/ledipasvir sembra non soddisfare i requisiti di sicurezza per il paziente per omissione di informazioni e l’EMA non avrebbe dovuto autorizzarne il commercio.
Un audit del packaging prima della commercializzazione potrebbe servire a evitare grossi rischi nella fase post-marketing. Nel 2014 Prescrire ha assegnato un cartellino rosso alle bustine di destrometorfano (Surbronc®) perché riportavano l’immagine di un individuo che sottolineava il sapore al limone della soluzione. Tale immagine poteva in qualche modo sminuire la funzione antitussiva dovuta all’oppioide di questa specialità. Nel 2015 l’immagine è stata rimossa dall’azienda.

12. Poco interesse per il miglioramento dei vecchi packaging
In occasione di variazioni significative delle AIC, o anche rivalutazioni dei profili farmaceutici sia a livello europeo che nazionale, i packaging di farmaci di vecchia immissione in commercio subiscono poche o addirittura nessuna modifica. Il packaging del metronidazolo (Flagyl®) infatti non ha mai subito alcuna modifica nonostante siano state applicate modifiche all’autorizzazione all’immissione in commercio. Lo stesso dicasi per l’etifoxine (Stresam®) e per alcune benzodiazepine. In conclusione le schede tecniche dei farmaci di vecchia immissione in commercio dovrebbero concordare con quelle più recenti a parità di principio attivo, dosaggio e forma farmaceutica.

13. Operatori sanitari e pazienti: rivedere la confezione e comunicare di più
Gli operatori sanitari possono fornire un ottimo contributo nella prevenzione degli errori di terapia. In particolare possono esaminare il packaging, possono prendere decisioni in merito alla scelta del trattamento tenendo presente gli effetti collaterali e possono notificare questi ultimi in maniera repentina e accurata agli organi di farmacovigilanza, possono segnalare casi di ambiguità di dosaggi, casi di dosatori inadeguati o di procedure di preparazione complessa o la mancanza di informazioni nelle schede tecniche.
A questo punto, date le ovvie necessità, quando si potrà parlare di una iniziativa europea volta al controllo strategico della sicurezza dei farmaci?

Tratto da La Revue Prescrire Mars 2016/ Tome 36 n. 389

Traduzione a cura di Daria Putignano 
Laboratorio per la Salute Materno Infantile
Dipartimento di Salute Pubblica
IRCCS-Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Milano
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