Ma è solo un problema di mancanza di medici?
Maurizio Bonati
Dipartimento di Salute Pubblica,
IRFMN Milano
mother_child@marionegri.it

A chi è stato assegnato il Premio Nobel 2010 per la Medicina? E quello per la Letteratura? Ho rivolto le domande ai primi 10 medici con differente specializzazione che ho incontrato: età tra i 43 e i 56 anni; 6 femmine e 4 maschi. Nessuna intenzione inferenziale sui risultati, ma sono stati sconvolgenti. Eppure avrebbero potuto rappresentare 2 delle 80 domande (40 di logica e cultura generale, 18 di biologia, 11 di chimica e 11 di fisica e matematica) del questionario di ammissione alla facoltà di Medicina. L’Italia è uno dei pochi Paesi in cui i professionisti (medici, architetti, ingegneri, ecc.) leggono poco 1. Eppure nei bambini di entrambi i sessi tra i 6 e i 10 anni i lettori sono più dei non lettori, ma poi la curva della lettura decresce con l’età, in rapporto al sesso, alla professione, ecc. Nonostante il successo del Progetto “Nati per Leggere”2 la sua diffusione è ancora limitata e un’iniziativa simile potrebbe essere intrapresa anche per gli adulti (e gli operatori sanitari). Forse le 2 domande afferiscono più alla sfera del ricordo/memoria che a quella della lettura/conoscenza: anche se la capacità di ricordare, che differisce tra le persone per i diversi stili e percorsi di apprendimento, non è necessariamente connessa alle letture fatte, ma all’interesse con cui si è letto e di cosa si è letto. Tema interessante da affrontare con approcci multidisciplinari3. Rimane, comunque, la ovvia considerazione che “se non si inizia a leggere, non si può neanche smettere di leggere”4. Tuttavia, leggere dovrebbe essere un piacere a cui si è educati, anche quando è un dovere professionale. Per un medico non sapere chi ha vinto da pochi mesi il Premio Nobel non compromette la sua attività professionale, ma il saperlo sicuramente contribuirebbe a nobilitarla stimolando alcune riflessioni sulla storia contemporanea delle Medicina, sulla ricerca scientifica attuale, sull’organizzazione sanitaria nazionale e internazionale, sul dibattito tra morale ed etica 5. I dieci intervistati non hanno sostenuto alcun test di ammissione ai corsi di Medicina (lo sbarramento è stato introdotto alla fine degli anni ’80) e non si devono preoccupare perché non è previsto alcun audit culturale/professionale durante la carriera. Forse, possono stare tranquille anche le future matricole di Medicina (nel 2010 le aspiranti matricole sono state 90.000 per 8755 posti) perché il questionario di selezione sarà abolito, non per la scarsa specificità e sensibilità del potere di screening, ma come risposta più semplice all’“emergenza medici”. Nessuna ragione riconducibile ad una strategia di nuova programmazione formativa od organizzativa, universitaria o sanitaria: come si accostò la porta, vent’anni or sono, per limitare l’afflusso giudicato eccessivo (su quali basi?), oggi la si spalanca nuovamente. I medici sono ridotti di numero (principalmente per pensionati non sostituiti) e sono anziani (56 anni d’età media dei medici). Per far quadrare il bilancio si è agito sulla voce più efficace e immediata: la riduzione del personale. “La futura carenza dei medici è un fenomeno che interesserà non solo il SSN ma l’intero sistema italiano, anche se, data la specificità della struttura per età di questi professionisti nel SSN, il saldo tra entrate e uscite nel mercato del lavoro si registrerà negativo con due anni di anticipo nel settore pubblico. In sintesi, ci si attende una carenza dal 2012 al 2018 di 18.000 unità di personale medico nel SSN” 6. Più in generale dagli attuali 294.971 medici in attività in Italia si scenderà a 253.420 (41.551 in meno dal 2015) secondo la Federazione Nazionale (FNOMCeO). Ma tutto ciò non era prevedibile? Non si sarebbe potuto e dovuto intervenire per tempo? Quale il ruolo e il significato programmatico dei Piani Sanitari Nazionali7,8?
Le decisioni di allora e di oggi sembrano prese da un potere politico ed esecutivo acefalo preoccupato solo dal quotidiano e orientato solo sulla propria area di pertinenza. Con l’esclusività di un SSN centrato sulle cure primarie (l’Italia è stata antesignana e la prima delle nazioni a recepire le indicazioni dell’OMS del 1978)9 è difficile comprendere come non fosse stato previsto che la riduzione del numero di medici e degli specialisti avrebbe minato, a distanza di qualche lustro, proprio la struttura del SSN fondata sulle cure primarie con un medico di famiglia per tutti i cittadini oltre i 14 anni e un pediatra di libera scelta per tutti i bambini fino al compimento del 14° anno di età.
Indice di una mancata interazione e sintonia tra competenze e poteri (Ministero della Salute, Ministero dell’Università, Ministero dell’Economia): allora come oggi. Oggi si chiede di abolire il numero chiuso, si chiede di aumentare il numero di borse di studio messe a disposizione dal MIUR nelle scuole di specializzazione (attualmente sono 5000 borse e costano ciascuna 30.000 euro/anno). Ogni Regione avanza le sue richieste, ogni Università le proprie, ciascuna con le sue modalità e i suoi tempi. La mancanza di un disegno dettagliato che a partire dai bisogni della collettività dia indicazioni per pianificare iniziative atte ad evaderli a livello locale con efficienza e appropriatezza sembra la caratteristica comune delle proposte avanzate sinora per ripristinare il sistema del passato prossimo. Eppure sarebbe l’occasione per valutare se l’organizzazione e il modello del SSN non vadano ripensati con l’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse (mancano i medici nel SSN ma molti sono i reparti degli ospedali pubblici in cui l’attività si riduce drasticamente nel pomeriggio, mentre aumenta l’attività privata). Analogamente per l’Università: chiedere più posti per le matricole e le specializzazioni senza affrontare la qualità della formazione, l’aggiornamento, il numero dei docenti e l’efficienza delle singole Università non è certo una soluzione lungimirante.
In alcuni contesti culturali si discute di abolire il valore legale della laurea nobilitando le singole Università, la loro competitività culturale e formativa, anche nell’accaparrarsi i docenti migliori. Tutto questo che ricadute avrebbe sulla formazione dei nuovi medici? Sull’aggiornamento di quelli in attività? Sulla qualità delle cure ai cittadini?

Bibliografia e note
1. Solimine G. L’Italia che legge. Roma-Bari:
Editori Laterza, 2010.
2. Nati per leggere. www.natiperleggere.it (accesso del 27/04/2011). Vedi anche Ricerca&Pratica 2010; 26: 45.
3. “La lettura trasforma il sogno in vita e la vita in sogno” potrebbe essere
così riassunto il libro
“Elogio della letteratura
e della finzione”, Einaudi 2011, di Mario Vargas Llosa, 75 anni, scrittore peruviano insignito del Premio Nobel per la Letteratura 2010.
4. “Catalanità” di Luca De Fiore in accordo con gli aforismi di Massimo Catalano personaggio della trasmissione televisiva “Quelli della notte”.
5. Il Premio Nobel per la Medicina 2010 è stato assegnato a Robert Edwards, 85 anni, fisiologo della riproduzione ed embriologo britannico, professore della Cambridge University che ha messo a punto la tecnica della fecondazione in vitro (FIV)
e del trasferimento embrionale in utero (ET).
La prima nascita mediante fecondazione
in vitro umana avvenne il 25 luglio 1978 ad opera di Edwards
e del ginecologo Patrick Steptoe.
6. Ministero della Salute, Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome. Piano sanitario Nazionale 2011-2013. www.salute.gov.it/
dettaglio/dettaglioNews.jsp?id=1358&tipo=new
(accesso del 27/04/2011).
7. Bonati M. Quale strategia
per la salute dei cittadini? Ricerca&Pratica
2011; 27: 1-3.
8. Biasini G, Brunelli A, Cirillo B, et al. Un piano sanitario senza bambini. Quaderni ACP 2011; 18: 49.
9. Declaration of Alma-Ata. International Conference
on Primary Health Care, Alma-Ata, USSR,
6-12 September 1978. www.who.int/hpr/NPH/docs/declaration_almaata.pdf (accesso del 27/04/2011).