Scarabocchi


F acce, sgorbi, schizzi e scherzi. A margine dei fogli o a correggere prove di incisioni. Più spesso sul retro di tavole tardomedievali
o in apertura di Rinascimento. Benozzo Gozzoli, Polidoro da Caravaggio, i fratelli Zuccari e persino il Pontormo o l’inarrivabile Leonardo. Prove, segni, baffi e studi lasciati dagli artisti dove nessuno avrebbe potuto vederli salvo pochi amici complici di una perdonabile furfanteria: un gioco che era parte del processo di creazione di capolavori fatto di un progressivo avvicinamento alla perfezione.

“Perché tu hai a intendere che – scriveva Leonardo – se tal componimento inculto ti riuscirà appropriato alla sua invenzione, tanto maggiormente satisferà, essendo poi ornato della perfezione appropriata a tutte le sue parti”. Il “componimento inculto” di tanti artisti di epoche diverse è alla base di un’esposizione a Villa Medici a Roma che poi sarà al museo
des Beaux Arts a Parigi. Se Paul Klee era convinto che il disegno fosse “l’arte di portare una linea a fare una passeggiata”, la storia dell’arte è piena di camminate: divagazioni seducenti, spiritose, beffarde, grottesche.
Dietro al dipinto può nascondersi la più autentica conferma di paternità di un artista,
un gesto spontaneo e liberatorio, talvolta al termine di un lavoro lungo e pieno di tensione.

Qualcosa di simile alla firma lasciata da un noto chirurgo epatico inglese che con lo strumento per l’argon plasma coagulation 
ha pensato di siglare con le proprie iniziali organi dei pazienti. Non che questo simpatico
divertissement possa pregiudicare la funzione dell’organo: anzi, di solito i segni scompaiono spontaneamente. Il professionista è stato sospeso per la prima volta dal suo incarico di capo équipe in un ospedale di Birmingham dopo che un collega aveva notato le iniziali su un organo durante un intervento di follow-up su uno dei pazienti operato da quel genio del primario. A questo primo provvedimento sono seguite le dimissioni spontanee dell’interessato, successivamente sottoposto a un’inchiesta che ha svelato come non si trattasse di un episodio isolato. Nonostante lo sdegno di molte persone (“Stiamo parlando di un paziente, non di un libro di autografi” aveva commentato il coordinatore di un’associazione di malati),
il pasticciaccio brutto del Queen Elizabeth hospital non ha suscitato reazioni unanimi:
“Ha scritto le sue iniziali su un fegato trapiantato, ma è davvero così grave?
Se l’avesse fatto a me, non mi sarebbe importato. Quell’uomo mi ha salvato la vita”
ha dichiarato alla stampa un paziente operato. In fin dei conti, tutti abbiamo nel cuore
l’allegro chirurgo.

Ldf – luca.defiore@pensiero.it