Lo scalone monumentale
della Stazione Centrale di Milano
Federica Zanetto
Pediatra di Famiglia
ASL Monza Brianza
zanettof@tin.it


“Nella stazione di Milano profughi della classe media in attesa dell’ultimo treno. Gli esperti: fenomeno nuovo, arrivano i siriani colti”. Così titolava a grandi caratteri il reportage di N. Zancan su La Stampa del 22 maggio u.s. in cui si citava anche l’osservazione di V. Polizzi di Save the Children: «È una migrazione del tutto nuova. Qualcosa che non avevamo mai visto. Arrivano persone che conoscono l’inglese, colte, di classi sociali medio-alte. Per prima cosa, chiedono di potersi lavare. Sono tutte molto informate. Sono sempre grate, rispettose. Non ho mai assistito al minimo episodio di violenza».
Nonostante la crisi in Siria sia iniziata nel marzo del 2011, è soltanto nel 2013 che i siriani incominciano ad arrivare numerosi in Italia via mare, a bordo di imbarcazioni fatiscenti, dopo un lungo e costoso viaggio attraverso diversi paesi, in buona parte in mano ai trafficanti. La Siria è il secondo principale Paese di provenienza dei migranti, preceduta solo dall’Eritrea. Ma è il primo Paese di origine se si considerano soltanto i minori in nucleo familiare: 1542 (su 2124) bambine e bambini arrivati in Italia via mare sono siriani, tratti in salvo dalla guerra da uno o entrambi i genitori.
Gli arrivi via mare sono ripresi in modo consistente a partire dal mese di aprile 2014, con un progressivo aumento del numero di minori, fenomeno che rappresenta uno degli aspetti più allarmanti di questa nuova ondata di arrivi. I siriani, così come eritrei, somali e afgani, non vogliono restare in Italia, ma intendono proseguire il loro viaggio verso Paesi del Nord Europa (in particolare Svezia, Norvegia, Germania e Svizzera) dove vivono altri loro familiari o amici, che hanno trovato condizioni di accoglienza e integrazione dignitose. Nella maggior parte dei casi dalla Sicilia raggiungono in treno Milano, dove vengono temporaneamente accolti nelle strutture messe a loro disposizione dall’amministrazione comunale, e da lì proseguono in treno o con i passeur il loro viaggio verso nord1.
A distanza di tante settimane, lo scalone monumentale della Stazione Centrale di Milano continua dunque a rappresentare l’ultima fermata italiana dei profughi siriani in fuga dalla guerra: tra il continuo, frenetico via vai di viaggiatori e turisti in transito, in una condizione logistica di assoluta precarietà, il lavoro incessante degli operatori di Save the Children e dei volontari del Comune di Milano e la presenza preziosa e indispensabile dei mediatori linguistico-culturali cercano di sopperire alla persistente assenza di basilari strutture di prima accoglienza. I nuclei familiari sono numerosi, con bambini anche molto piccoli. Magri, malnutriti, molti di loro, compresi i piccolissimi, hanno scottature solari ed esiti molto evidenti su volto e parti esposte. I bimbi di pochi mesi di età sono quelli più da osservare e più provati. Non hanno passeggini e dormono solo saltuariamente in braccio da molti giorni. Uno si tranquillizza adagiato su un traballante fasciatoio di … terza o quarta mano (ma meno male che c’è!). Poco più in là, catturato da bolle di sapone, palloncini e matite colorate, un nugolo di bambini più grandicelli si raccoglie (sul pavimento) attorno alle educatrici. Una piccola, unica, bella nota di spontanea giocosità.
Nel sacco del pediatra, accanto al paracetamolo, ai sali reidratanti, alla crema antibiotica, alla crema cortisonica, a quella disinfettante e a qualche garza, il ricettario bianco si assottiglia rapidamente: sono tutti partiti con quasi nulla appresso e c’è chi non riesce, neanche gli adulti, a completare terapie già in corso. I genitori appaiono molto rassicurati quando capiscono che possono avere la ricetta per poter poi andare nella farmacia della stazione (quasi tutti vanno ad acquistarsi quanto occorre).
Dal sacco del pediatra emerge via via anche la consapevolezza di una emergenza che non ha fine, che ci riguarda tutti e che obbliga a porci delle domande, al bisogno di capire, prima di giudicare.
Chi si trova in situazioni di difficoltà e in una migrazione causata da sofferenze e drammi spesso inaccettabili può viverne i momenti più faticosi in maniera positiva e come risorsa solo con dignitose condizioni di ospitalità e con l’offerta di servizi essenziali accoglienti. Non sta succedendo nel mezzanino dello scalone monumentale della Stazione Centrale, area che continua a essere abusiva anche per operatori e volontari, oltretutto resa in parte inagibile dalla presenza di deiezioni e rifiuti di vario genere, anche di vecchia data.
Le persone e le famiglie straniere che lì sono costrette ad accamparsi, pur momentaneamente e di passaggio, interpellano assetti consolidati e responsabilità a ogni livello. Rammentano a noi professionisti che operiamo nei servizi e nell’ambito della cura (medici, pediatri, ostetriche, assistenti sociali, psicologi, educatori) che possiamo essere potenti tutori di resilienza. Sollecitano tutti alla “scelta di intelligenza profetica” e al “salto di qualità nella convivenza civile” auspicati da C.M. Martini: “nel campo dei diritti umani valgono non soltanto le parole o le affermazioni solenni, ma pure le realizzazioni progressive nelle quali, pur misurando la distanza dalla meta, si vede come concretamente ci si sta avvicinando a un ideale di maggiore giustizia sociale e fraternità” 2.