L’insieme che fa
la differenza


Che saggi come questo arrivino sulla scena è un fatto che potrebbe segnare la misura del tempo. Ci ricorda ciò che è avvenuto, se e quanto stiamo cambiando e, meglio ancora, un futuro possibile.

Nelle pagine di Il senso dell’insieme si parla a lungo deI Covid-19 – è vero – ma anche del tempo. Gli autori Fabio Ambrosino e Rebecca De Fiore esordiscono con un’immagine inattesa, che rimanda al 22 dicembre del 2020. “L’esercito cileno – si legge – ha segnalato la presenza di 36 casi di Covid-19 presso la stazione di ricerca del Generale Bernardo O’Higgins nella penisola antartica”. Per quanto sembri strano, “a poco più di un anno dalla sua comparsa sulla scena mondiale, il virus ha raggiunto anche l’ultimo continente rimasto libero da contagi”. Tredici mesi – aggiungono – “in cui si sono contagiate più di 80 milioni di persone, 1,8 milioni delle quali poi decedute”. Il problema però si era sviluppato altrove.

Nei nove capitoli gli autori non raccontano solo la loro esperienza nei mesi pregressi, non si sono limitati a comunicare cos’hanno trovato di nuovo nella particella virale sconosciuta. Il volume è piuttosto il risultato dell’approdo di una cultura medica e di un’antropologia medica italiana rispetto al Covid-19, con segnature anche di altri Paesi, europei e non solo. Ogni capitolo è come la fotografia del movimento di un approdo, con la presenza ripetuta di figure cardine del volume e la comparsa di figure nuove che poi scompaiono. Alla fine, i nove capitoli scorrono come in parallelo sul piano del tempo e dei problemi offerti al lettore, via via come un problema risolto, uno irrisolto, un problema politico, uno sociale, un nuovo problema scientifico. Sì, perché il problema irrisolto tra le mani degli infettivologi oggi non ha lo stesso valore del gennaio-febbraio 2020. Una nostra felice sorpresa di questa pandemia è stata “la strabiliante accelerazione della ricerca scientifica in tutto il mondo. – dice Giuseppe Ippolito che dirige l’Istituto Spallanzani di Roma nella prefazione – Gli oltre 250.000 articoli scientifici citati nel volume sono solo una parte del volume: la collaborazione tra gli scienziati di tutto in mondo ha raggiunto livelli mai toccati in passato, con una corsa verso le cure e il vaccino molto più simile a una staffetta che a una gara individuale”.

La lettura del testo scorre non solo perché, per esempio, nel primo capitolo la qualità del testo è tale da catturare interessi motivati nelle direzioni di New Scientist o Atlantic. “Io devo moltissimo allo Spallanzani – racconta Stefano Marongiu, prima infettato dall’Ebola, poi assunto come infermiere dall’ospedale – fondamentalmente gli devo la vita. Oggi sto semplicemente restituendo quello che mi è stato dato e questo mi dà l’energia per andare avanti”.

Le pagine – come detto – scandiscono la sequenza “a tappe” della pandemia e così mentre “l’epidemia Covid-19 arriva in Italia è quindi inevitabile che lo Spallanzani diventi una sorta di guida… tuttavia, l’arrivo della prima ondata costituisce un momento di svolta drammatico”.

Prosegue quindi la vicenda su un doppio binario. A marzo, inizia “la storia di un vaccino italiano contro la Covid-19”, un progetto che muove i primi passi con un accordo (complessivo di otto milioni di euro) tra Regione Lazio (cinque) Ministero della Ricerca Scientifica (tre). Un vaccino realizzato, prodotto e brevettato dalla società biotecnologica ReiThera di Castel Romano.




Procede però – e Ambrosino e De Fiore ne sono testimoni fedeli – l’analisi dell’epidemia su un altro piano, quello epidemiologico, che si sviluppa a sua volta in altri piani. E così si inizia a cogliere che capire il senso dell’insieme in tema di Covid-19 significa prima di tutto “forte incremento della letalità all’aumentare dell’età: dallo 0,6 per cento tra 50 e 59 anni, al 19 per cento tra 80 e 89 anni, fino al 24 per cento negli over 90”.

Neanche i due autori, naturalmente, possono aver eluso un senso tragico della parola insieme nella memoria accanto a “una fila di camion dell’esercito [che] trasportando le bare delle persone decedute a causa della Covid-19… È forse la fase più drammatica della prima ondata. …Bergamo è la città più colpita in assoluto: nella settimana tra il 18 e il 24 marzo nel capoluogo lombardo si registra un eccesso di mortalità dell’858,7 per cento rispetto alla media attesa.

Ma poi è tutta la Lombardia a essere travolta: più di un terzo dei decessi per Covid-19 che si registrano in Italia dall’inizio della pandemia è ascrivibile a questa regione”.

Ma contro il vizio diffuso in tanta informazione italiana (e non solo), Fabio e Rebecca non dimenticano che il problema non è solo italiano e che la questione sociale ha diverse chiavi di lettura. “Sicuramente ci colpisce sentire che a causa della pandemia da nuovo coronavirus circa 168.000 bambini potrebbero morire di malnutrizione entro la fine del 2022 nelle cinque zone del mondo definite ‘hotspot della fame’”. Nota alla quale aggiungono che secondo uno studio di Save the Children, condotto tra aprile e maggio del 2020, “esiste il rischio che agli 1,2 milioni di bambini in povertà assoluta nel 2019, si aggiunga un milione ulteriore a causa della restrizione a causa della crisi conseguente al Covid-19”.

Del fatto che le donne siano state lasciate ai margini del processo decisionale si parla anche in queste pagine, ma risalta in particolare un’altra cosa. Sembra di essere stati sia di fronte all’invasione virale, sia alla violenza dell’uomo. “Le chiamate ai centri antiviolenza sono aumentate del 73%, mentre il numero delle vittime è cresciuto del 59%”.

Impossibile raccontare tutto quello che i due autori sono riusciti a raccogliere per i lettori. “La lezione che ci viene dalla pandemia è che oggi più che mai c’è bisogno di distretto, per le molteplici funzioni che il territorio è chiamato a svolgere e che troppo a lungo sono rimaste insoddisfatte, con danno enorme per la salute della popolazione” sostiene Gavino Maciocco in una citazione del volume. Ma su un versante tutto diverso, opposto quasi, “occorre tornare a ragionare sulla prossimità dei servizi al cittadino. Su una mobilità leggera” afferma Stefano Boeri, professore di Urbanistica presso il Politecnico di Milano. Così come occorre tornare – raccontano Fabio e Rebecca – su un altro genere d’immagini che “si depositano nel cuore della sensibilità collettiva. E generano senso, emotività, comunque discussione”. La sera del 27 marzo 2020, “Piazza San Pietro, bagnata dalla pioggia, è praticamente deserta. Papa Francesco è solo sul sagrato della basilica: un’occasione straordinaria di preghiera nel giorno del venerdì santo, che sovverte qualsiasi tradizione e cerimoniale… La scelta del Papa è stata giudicata uno dei passaggi chiave della comunicazione nel tempo della pandemia”.

Inutile nascondere che uno dei capitoli più intriganti è il 7° Troppi piani di carta, su informazione e conoscenza sulla pandemia. E il perché è spiegato subito perché “Mentre pensiamo ad un sobrio brindisi di fine anno, il numero delle pubblicazioni sulla Covid-19 ha raggiunto il traguardo dei 250 mila documenti, prodotti da circa 19 mila diverse istituzioni di quasi 200 nazioni”. È un capitolo tutto da leggere, pieno di cifre e dati forniti con riflessioni meritevoli di lettura. “A febbraio 2020 – per esempio – il tempio medio di accettazione di un articolo sulla Covid-19 era 10 volte minore di quello di un lavoro in ambito cardiologico, oncologico o di qualsiasi materia che non riguardasse il coronavirus. Nei primi sei mesi dell’anno, la valutazione di un lavoro su un tema collegato alla pandemia durava meno di 20 giorni mentre la risposta a una qualsiasi delle altre proposte di pubblicazioni non arriva prima di tre mesi”. E ridurre il tempo non migliora la qualità dell’analisi, la riduce. Dice Laura Amato del Dipartimento di Epidemiologia della Asl Roma 1 “Spesso i pazienti sono pochi… Inoltre la maggior parte degli esiti considerati è sostenuta da prove di qualità molto bassa”. Problema che investe tutta la letteratura mondiale e persino l’OMS – riporta il libro – è stato chiamato a mettere in guardia dalla sovrabbondanza d’informazioni.

In sintesi, una cronistoria della pandemia con un’architettura almeno originale. Una cronaca che passa dai fatti di Codogno alla tragedia italiana a quella generale umana, con considerazioni su una medicina claudicante ma speranzosa, in un quadro sociale, però, non sempre “umano”. In pratica, proprio la situazione d’insieme – concludono gli autori – per la quale varrebbe “superare gli egoismi, gli interventi una tantum e gli approcci unilaterali e concentrarci sull’unica cosa che può davvero fare la differenza: l’insieme”.


Stefano Cagliano

Già Medico di Pronto soccorso
e Medicina d’urgenza

ASL Viterbo

s.cagliano@mclink.it



FABIO AMBROSINO,
REBECCA DE FIORE

Il senso dell’insieme

Il Pensiero Scientifico
Editore, Roma, 2021;
238 pp, 15 euro