Vongola75


A lle sette di mattina, Vongola75 apre Instagram e si rivolge al suo idolo, il rapper trentaduenne che probabilmente ancora dorme nel proprio appartamento di 400 metri quadri di Citylife, il complesso residenziale nel quartiere milanese del Portello (9565 chilometri da uno dei templi del dialogo, la libreria City Lights a San Francisco): «Fedez, mi saluti?». Niente da fare, Fedez non si degna: «Allora mi sconnetto, visto che non mi caghi». Una conversazione mancata tra un personaggio molto noto e una dei suoi 14 milioni e duecentomila follower. Nel caso Fedez si fosse ricordato di quand’era Federico, magari un salutino ci sarebbe scappato ed è prevedibile che lo scambio sarebbe stato più civile di quello avvenuto pochi giorni dopo tra Roberto Burioni e @alessia_smile6, ragazza che ha avuto l’imprudenza di schierarsi dalla parte del deputato leghista Alex Bazzaro che a proposito della quarta dose di vaccino contro covid aveva dichiarato «Correrò il rischio concreto di non farla». Conviene tralasciare i dettagli del tweet con cui il vincitore di ben due edizioni del Macchianera internet award e del premio Gimbe 2019 ha deriso la ragazza sottolineandone l’aspetto fisico: non fa quasi più notizia un bisticcio in rete tra il premio Oscar della bontà 2019 dei City Angels milanesi e una trentenne di Orbassano innamorata di Borghi (non Alessandro, che sarebbe ovvio: Claudio) e Bagnai. La cosa su cui varrebbe la pena riflettere è l’urgenza di tuittare, di rilasciare una dichiarazione, di afferrare il microfono pensando sé stessi come protagonisti di un karaoke con milioni di persone in attesa di sapere quello che ci passa in testa. Già l’obbligo di restare nei 280 caratteri di Twitter è un fattore di rischio non da poco, per chi è abituato alla tollerante generosità di tempo e spazio di convention accademiche o aziendali. Ma la gentilezza invece ha bisogno di tempo, si manifesta in una parola in più, nella sospensione di uno sguardo, nell’indugiare di un sorriso, nella rinuncia a una frase pronunciata impulsivamente. Che può costar cara, perché il body shaming per molti è come un diamante: è per sempre. Sarebbe bello che le parti si rovesciassero: che chi è oggetto dell’offesa trovasse solidarietà e sostegno per superarla mentre chi prova l’urgenza di deridere l’aspetto di una persona dovesse rinunciare a premi, riconoscimenti e contratti televisivi. Non si tratta di non avere il fisico per fare body shaming. Ci vuole il fisico – e la testa – per scegliere di far finta di riposare in un’alba milanese e comunque per stare sui social senza fare e farsi del male.






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