Pediatri come custodi digitali

Questo manuale costituisce una guida per i pediatri di famiglia circa l’educazione digitale famigliare che essi dovrebbero avviare durante le visite dei bilanci di salute. Dato che gli schermi fanno parte delle esperienze e del contesto di vita del bambino dai primi mesi di vita, il pediatra assume sempre di più un ruolo fondamentale nella prevenzione ed educazione digitale.

Gli autori hanno raccolto le più importanti indicazioni che emergono dalla ricerca relative a temi di salute e benessere del bambino e le hanno tradotte in suggerimenti di comportamenti concreti e specifici a seconda delle fasi evolutive, ovvero in messaggi comprensibili ai genitori.

Al giorno d’oggi i bambini nascono e crescono in un ambiente popolato da schermi digitali “gli schermi sono diventati infiniti, in ogni angolo, tempo e situazione della vita di un fanciullo, può comparire uno schermo relativo a uno dei tanti device con cui tutti noi ci relazioniamo”. La presenza dei dispositivi è accompagnata da un conseguente aumento del tempo-schermo.

Il tema relativo alla “connessione permanente”, soprattutto nei primi anni di vita di un bambino, riguarda in particolar modo i genitori. Si pensi ad esempio alle frequenti interruzioni delle relazioni, proprio a causa dello schermo di un telefono che si illumina per una chiamata, una mail o un messaggio.

Gli autori menzionano alcuni studi che hanno dimostrato che le interruzioni della relazione madre-bambino, dovute al “distacco digitale” della madre, costituiscono importanti reazioni di disagio e disturbo dei bambini. L’uso frequente di strumenti digitali da parte delle madri riduce la qualità delle comunicazioni madre-bambino, andando ad avere un significativo impatto sulle capacità di regolazione emotiva dei bambini.

L’obiettivo del pediatra deve essere proprio quello di rimettere al centro i bisogni, i diritti e le competenze del bambino anche nell’ambito digitale: per fare questo passaggio è fondamentale che riesca a mantenere un atteggiamento non giudicante, soprattutto nelle situazioni in cui deve correggere un’abitudine scorretta. Il pediatra deve tenere a mente che i genitori sono spesso privi di un’educazione digitale, quindi dovrà accogliere le preoccupazioni dei genitori e fornire loro informazioni e strumenti adeguati all’uso in sicurezza dei device.

Sempre più frequentemente i pediatri si ritrovano ad interagire con genitori che “addomesticano” i bambini tramite gli schermi, che acquisiscono una funzione di “ciuccio elettronico” o pacificatore, per regolare gli stati emotivi dei bambini, ovvero per calmarli o distrarli, per consolarli quando piangono o intrattenerli quando si devono occupare di altro.

Il libro riprende le possibili conseguenze relative ad un ricorso pervasivo agli schermi da parte dei bambini: vi è infatti il potenziale rischio che questi possano sviluppare problemi relativi allo sviluppo fisico (disturbi visivi, sedentarietà, ecc.), cognitivo (deficit di attenzione, apprendimento, iperattività, ecc.), ma anche difficoltà psicologiche.




La prima parte del manuale – “Il pediatra in studio e l’educazione digitale famigliare indicazioni per genitori fase-specifiche” – espone una serie di argomenti digitali fase-specifici, per sei diverse fasce di età (prima fase 0-6 mesi, ultima fase 11-14 anni). Viene fornita una serie di domande che il pediatra può porre al genitore per raccogliere informazioni rispetto ad alcune abitudini di utilizzo e indagare se e quanto gli schermi sono presenti nelle abitudini famigliari; a queste poi seguono una serie di indicazioni e suggerimenti specifici. Vengono inoltre evidenziate quali sono le correlazioni positive associate all’evitamento dell’uso degli schermi, ma anche quali sono le pratiche sconsigliate “da invertire”.

Nella seconda parte del libro vengono riportate alcune raccomandazioni delle società di pediatria nazionali di alcuni Paesi del mondo, e menzionate le linee guida maggiormente diffuse. Si sottolinea che le indicazioni riportate non vogliono costituire specifici divieti, ma soltanto scoraggiare certi tipi di comportamento.

Evitare completamente l’uso dei media digitali sotto i 18-24 mesi.

Per i bambini di età compresa tra i 2 e 5 anni limitare l’uso degli schermi ad un’ora al giorno.

Per bambini di età compresa tra i 5 e gli 8 anni si consiglia un tempo-schermo inferiore alle due ore al giorno.

Si suggerisce di mantenere momenti della giornata “senza schermi”, cercando di salvaguardare alcuni orari e luoghi senza l’uso dello schermo, ad esempio durante i pasti in famiglia, le ore trascorse a scuola e quelle di sonno. È dunque fondamentale che i genitori possano negoziare i limiti del tempo-schermo con i figli.

Spegnere gli schermi almeno un’ora prima di andare a dormire per evitare l’effetto di iperattivazione.

I bambini dovrebbero condividere l’uso dei dispositivi con i genitori per promuovere un adeguato apprendimento e migliorare la qualità delle relazioni; per questo è consigliato l’uso degli schermi negli spazi condivisi.


Infine le “Conclusioni e prospettive” riprendono una serie di sfide che l’educazione famigliare digitale pone a pediatri, genitori e altri operatori; tra queste una centrale è la curiosità e disponibilità ad apprendere nuovi contenuti e nuove prospettive.

Questo interessante manuale costituisce un importante strumento di riflessione sia per i pediatri che per gli stessi genitori, a cui viene affidato un ruolo di notevole importanza. I genitori rappresentano per i bambini dei modelli a cui ispirarsi, per imparare ad usare i device in modo adeguato e consapevole. Ci si interroga quindi su quanto i genitori possano realmente costituire delle guide “che danno il buon esempio”, soprattutto nelle situazioni in cui i genitori faticano a limitarne in primis il proprio uso; è difficile immaginare un bambino che sappia regolare il tempo-schermo, se gli stessi genitori sono sempre connessi. Sarebbe infine auspicabile che gli adulti mostrassero interesse verso le attività per le quali i figli usano gli schermi, infatti solo un atteggiamento curioso e interessato può portare ad una relazione di complicità rispetto all’uso degli strumenti tecnologici; solo così i figli potranno confrontarsi con i genitori e chiedere loro consigli rispetto ai possibili problemi o inconvenienti in cui si possono imbattere.

Giulia Segre

Dipartimento di Ricerca Epidemiologia Medica
Istituto di Ricerche Farmacologiche
Mario Negri IRCCS, Milano

giulia.segre@marionegri.it