Nata per te.
Quando la vita imperfetta ci dà gioia



La vicenda è nota (abbastanza): Luca Trapanese, giovane gay single e cattolico, nel 2018 riesce a ottenere in adozione la piccola Alba, portatrice della sindrome di Down, rifiutata o, comunque, non accolta dalle pur tante coppie etero in cerca di un figlio o una figlia. Due vite imperfette, dunque, almeno secondo alcuni canoni, che si incontrano e si conquistano l’opzione di essere felici.


La storia di Luca Trapanese (che nel frattempo è diventato assessore al welfare nella giunta partenopea di Gualtiero Manfredi), della sua vita costruita intorno alle tante disabilità di cui si prende cura, di Alba Stellamia, la bambina abbandonata alla nascita che riceve nome e cognome dall’infermiera che si prende cura di lei, di un’avvocata, Teresa Ranieri, e di una giudice, Livia Gianfelici, che trovano infine il modo di intendersi nel “migliore interesse del minore”, ce la racconta il film Nata per te, uscito nel 2023 per la regia di Fabio Mollo e interpretato da Pierluigi Gigante, Teresa Saponangelo e Barbara Bobulova, disponibile sulle principali piattaforme.







VOLER BENE SENZA FATICA


Nata per te, che prende le mosse dall’omonimo libro scritto dallo stesso Trapanese insieme a Luca Mercadante, è un film bello, che riesce ad essere leggero pur andando al cuore di argomenti pesanti: l’inadeguatezza della nostra legge sulle adozioni e non solo perché discrimina tra genitori etero e omosessuali, così come tra coppie e single; le prassi laboriose dei percorsi di affido e adozione; la gravità del decidere depositato sulle spalle di una sola persona, per quanto coadiuvata da un gruppo di lavoro. Soprattutto, la fatica di accettare le diversità senza farsi sovrastare dai pregiudizi. Diversità che non riguardano solo Alba e la sua trisomia, ma la capacità di amore che esprime il giovane Luca, gay e single per di più. La figura di Trapanese svetta su tutte le altre, pur ricche e insolite (come i componenti della sua numerosa famiglia e l’avvocata combattiva che fatica a conciliare il suo tempo del lavoro con quello da dedicare ai figli, una coppia di gemelli che cresce da sola. Ma anche la giudice tormentata dal dovere di decidere al meglio).


Luca Trapanese è capace di accettare tutti, senza sforzi, senza fatica. Nella sua vita ha gestito i progetti di una fondazione che si occupa di ragazze madri, ha fondato l’associazione “A ruota libera”, che dà assistenza ai disabili e la “Casa di Matteo”, una struttura socio-sanitaria. Profondamente cattolico, è stato a Lourdes, in India e in Africa e ha frequentato il seminario, fino a quando un incontro lo ha ricondotto alla vita secolare.




Tutta questa esperienza, questa disponibilità appare perfino poco credibile agli occhi di chi lo deve valutare, come nella scena del suo primo colloquio, per ottenere un bimbo o una bimba in affido, quando, avendo risposto di essere disponibile a farsi carico di giovani con qualsiasi tipo di disabilità e malattia, proprio per questo finisce per essere letto con sospetto dalla giudice che impiegherà non poco tempo a convincersi che il suo voler tutelare la piccola Alba deve passare per Trapanese e non contro di lui.


Perché Luca non vuole Alba per rispondere a un proprio desiderio, ma per condividere con la piccola un progetto di vita, come dovrebbe essere per ogni percorso che porta a diventare genitori, biologici, adottivi o per tramite di una gravidanza per altre persone.


Sullo sfondo ci sono le cosiddette coppie “normali” che non se la sentono di farsi carico di Alba, della sua diversità, 37 coppie che, interpellate una dopo l’altra, dicono di no. Ma il film evita di fare il processo a queste mancate intenzioni, non è un film moralista, le difficoltà esistono e la legge sulle adozioni non sembra in grado di accompagnare gli aspiranti genitori nelle loro difficoltà. Soprattutto è una legge che rimane attaccata a un modello del passato e a figure di riferimento un po’ invecchiate che escludono, senza motivi che non siano discriminatori, persone che potrebbero esercitare il ruolo di genitori. Se è vero che protagonista di ogni adozione deve essere il bimbo o la bimba, insistere nel cercare solo coppie etero tradizionali è una mancanza, qualcosa che ha perso di significato. Alla fine la giudice, chiamata a decidere sull’articolo di legge che consente in casi particolari l’adozione speciale, ha deciso per il sì. E Alba Stellamia è diventata Alba Trapanese. Finora è successo una volta sola, ma c’è speranza che possa succedere di nuovo, perché quell’articolo di legge era lì da sempre, come ricorda l’avvocata alla giudice, ma c’è sempre stato un giudice che lo ha ignorato. Fino a quando un’altra giudice non ha cambiato le cose.



Eva Benelli



Zadig, Roma


benelli@zadig.it