Prezzi dei farmaci a confronto fra Paesi


Di fronte a prezzi dei farmaci 2-3 volte superiori negli Stati Uniti rispetto agli altri paesi Ocse con redditi elevati, l’interpretazione prevalente è che negli Stati Uniti i prezzi siano spropositatamente elevati per la mancanza di un sistema di valutazione del valore terapeutico aggiunto e di negoziazione dei prezzi.

In un recente articolo, gli autori suggeriscono una spiegazione alternativa1. La differenza di prezzo dipende dal fatto che gli Stati Uniti pagano anche per gli altri Paesi a elevato benessere che hanno prezzi più bassi. Tali Paesi si comportano, infatti, come free rider (letteralmente, viaggiatori gratis) che pagano meno del dovuto solo perché gli Stati Uniti si fanno carico di pagare per tutti. La ragione è che, mentre negli Stati Uniti vige un sistema di libero mercato, negli altri Paesi i prezzi sono controllati dai governi. In particolare, i Paesi più ricchi utilizzano i prezzi di quelli meno ricchi come prezzi di riferimento, evitando così di pagare una quota equa (fair share). Gli autori ritengono accettabile che i prezzi siano più bassi nei Paesi a minore reddito, a condizione che in quelli più ricchi i prezzi siano correlati al reddito pro capite.

La posizione espressa è infondata. I prezzi al di fuori degli Stati Uniti sono inferiori, indipendentemente dal reddito pro capite e dai modelli di assistenza sanitaria. Poi, non è vero che i Paesi più ricchi adottano come riferimento i prezzi dei Paesi con reddito minore, visto che in questi i farmaci costosi non vengono spesso neppure commercializzati. Un esempio è fornito dai 27 Stati europei: nella stessa Unione, l’accesso ai farmaci è incomparabilmente inferiore nei Paesi con reddito minore. Ad esempio, sui 173 nuovi farmaci autorizzati in Europa nel periodo 2020-2023, all’inizio del 2025 erano disponibili da 17 a 31 farmaci a Malta, in Lituania e Lettonia, rispetto a 142-156 in Austria, Italia e Germania2. Inoltre, la mancanza di informazioni sugli sconti riservati nasconde comunque i veri prezzi negoziati.

In tutti i casi, i prezzi negoziati nei Paesi più ricchi, sebbene inferiori a quelli degli Stati Uniti, coprono largamente gli investimenti necessari all’innovazione farmaceutica. Anche accettando stime di 3-4 miliardi per sviluppare un farmaco, ci sono ampi margini di guadagno nei circa dieci anni di copertura brevettuale. Addirittura, i primi 30 principi attivi per spesa SSN hanno avuto nel 2023 un fatturato compreso fra 106 e 456 milioni di euro3; visto che l’Italia rappresenta il 2,5% circa (un quarantesimo) del mercato farmaceutico globale, queste cifre possono essere proiettate su un fatturato mondiale compreso fra 4 e 18 miliardi in un solo anno!

La rivista che pubblica l’articolo citato all’inizio è appena stata creata negli Stati Uniti, sulla scia delle critiche rivolte dall’amministrazione Trump alle principali riviste biomediche e di sanità pubblica. In linea con i nuovi “indirizzi”, gli autori propongono che il governo degli Stati Uniti negozi accordi commerciali con gli altri Paesi ricchi affinché adottino prezzi più alti. Peccato che gli argomenti utilizzati siano così inconsistenti da apparire arroganti. Ciononostante, per rivolgersi a coloro che sono interessati a capire, conviene utilizzare ogni occasione per chiarire i fatti e confutare interpretazioni infondate.


BIBLIOGRAFIA

1. Bagger R, Pitts JP. Other countries are not paying their fair share of the cost of biopharmaceutical innovation – what can the United States do to change that? Journal of the Academy of Public Health 2025. Disponibile su: https://doi.org/10.70542/rcj-japh-art-pje908

2. EFPIA. Patient W.A.I.T. Indicator 2024 Survey. Disponibile su: https://lc.cx/Dni8BM

3. Osmed. L’uso dei farmaci in Italia - Rapporto nazionale anno 2023. Roma: Agenzia Italiana del Farmaco, 2024.


*Giuseppe Traversa

Epidemiologo, Roma – giuseppetraversa24@gmail.com