Sulla violenza di genere

La ricerca e l’attivismo di Maura Misiti per il cambiamento


Maura Misiti è stata una ricercatrice dell’IRPPS (Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali) del CNR. Durante la sua vita professionale ha saputo coniugare ricerca e attivismo; si è occupata con passione della violenza di genere, comprendendo la necessità da una parte di coinvolgere le associazioni e i centri antiviolenza, e dall’altra di formare gli operatori sul territorio e le forze dell’ordine sull’accoglienza delle vittime.

Intorno ai suoi progetti di ricerca ha creato un gruppo di giovani ricercatori e ricercatrici, che prosegue nella direzione da lei indicata.

Durante la giornata d’inaugurazione della sala che porta il suo nome (nella sede centrale del CNR a Roma), nell’aprile scorso, ricercatori e studiosi vicini a Maura Misiti sono intervenuti al convegno ‘Ricerca e intervento contro la violenza di genere: pratiche e relazioni per il cambiamento’. Hanno raccontato il loro contributo nella ricerca ed esperienze della vita collettiva sulla violenza contro le donne; oltre a discutere insieme delle sfaccettature dei concetti fondanti di questo tema. Persone che hanno intrecciato il percorso di Maura Misiti su questioni diverse, voci appassionate con punti di vista differenti, che con lei hanno attraversato tappe importanti di quel percorso di ricerca.

Il convegno ha rappresentato un significativo momento di riflessione e confronto per condividere pratiche, misure e strategie di contrasto che i diversi progetti sulla violenza di genere portano avanti. L’evento ha esplorato il percorso compiuto dalla comunità scientifica e dalle istituzioni in questo ambito, a partire dalla commemorazione della collega Misiti, il cui contributo è stato fondamentale nel dare visibilità a un fenomeno a lungo rimasto sommerso. La ricercatrice suggeriva che la dimensione della visibilità e quella dell’invisibilità restano in tensione continuamente quando si parla di violenza sulle donne, e che su questo fenomeno i numeri continuano a essere fondamentali per svelare fatti reali. Tuttavia i numeri senza le storie non hanno profondità. Inoltre, Misiti sottolineava quanto spronare il dibattito pubblico mobilitando quante più possibili risorse comunicative è ancora un fatto estremamente necessario.

Gli interventi nel corso della giornata hanno evidenziato come, a partire dagli anni ‘70, la comunità scientifica abbia operato un profondo cambiamento di prospettiva. Inizialmente, l’obiettivo primario era il riconoscimento della violenza di genere, tema di cui si discuteva troppo poco e che rimaneva confinato alla sfera privata. Successivamente, si è trasformata la prospettiva della comunità dal riconoscimento alla pratica, promuovendo la realizzazione di interventi concreti e mirati. Si è insistito su come questa evoluzione abbia portato a definire la violenza di genere non più come un problema individuale o familiare, ma come una questione di salute pubblica e sociale di ampia portata.

Sono stati menzionati alcuni progetti – come il progetto ‘Urban’ – basilari per il consolidamento dei sistemi di reti territoriali. È emerso più volte il concetto di rete come fondamentale in questo ambito poiché porta i professionisti coinvolti a immaginare come collocarsi rispetto agli altri, a guardare alla necessità di nuove conoscenze. La violenza è un fenomeno complesso che attraversa discipline diverse e nelle ricerche non solo si riuniscono punti di vista differenti, ma si interloquisce con le persone che si occupano di violenza sul territorio. Inoltre, è stato sottolineato più volte il ruolo centrale delle istituzioni – dal livello locale a quello internazionale – nel favorire le condizioni affinché la conoscenza su questa materia si sviluppi.

Maura Misiti nel tempo ha continuato a consolidare la sua esperienza in questo settore, coordinando progetti a livello nazionale. Uno di questi si chiama ‘ViVa’ – Analisi e valutazione degli interventi di prevenzione e contrasto alla violenza contro le donne – realizzato in collaborazione con la Presidenza del consiglio dei ministri e pensato per integrare esperienze precedenti. Rispetto al progetto ‘ViVa’ i ricercatori hanno fatto riferimento a un’eredità: la specifica modalità con cui Misiti ha declinato l’impegno politico, quello sociale e la ricerca in questo campo. Il progetto ha come obiettivi principali l’approfondimento della conoscenza sulle figure che si muovono in questo campo, sulle pratiche di lavoro, sulle relazioni che si creano sul territorio, per supportare le donne in uscita dalla violenza, e la valutazione dei piani nazionali.

Durante il convegno è emerso come uno dei principali ostacoli nella lotta efficace alla violenza di genere sia la persistente mancanza di dati sistematici e omogenei. Questo deficit informativo rende particolarmente difficile una valutazione precisa dell’estensione e delle manifestazioni del fenomeno, limitando l’efficacia nell’applicazione di politiche e strategie di contrasto.

Un altro punto focale degli interventi ha riguardato l’importanza di salvaguardare l’autonomia dei centri antiviolenza; centri che hanno sviluppato nel tempo una conoscenza “dal basso”, profondamente legata alle pratiche sul campo e all’esperienza diretta. Questa forma di conoscenza rischia di essere limitata o persino soppressa in assenza di adeguati finanziamenti e di un riconoscimento strutturale. L’autonomia dei centri è stata presentata come cruciale per la produzione di una conoscenza non filtrata da logiche istituzionali o accademiche e per la capacità di adattare gli interventi alle esigenze specifiche e mutevoli delle vittime.

È stato inoltre menzionato il problema della sovraesposizione delle narrazioni sulla violenza, un fenomeno problematico già riscontrato e analizzato nell’ambito del progetto europeo “Speak Out” (2011-2013). Questa sovraesposizione può portare a una percezione distorta del fenomeno, a una sua banalizzazione e, in alcuni casi, a una saturazione dell’attenzione pubblica che ne diminuisce l’impatto. Si è quindi sottolineata con forza la necessità di studiare le percezioni e la violenza simbolica, quest’ultima intesa come quella forma di violenza che si manifesta attraverso meccanismi più sottili e spesso invisibili di dominio, subordinazione e riproduzione delle disuguaglianze di genere.

Infine, il dibattito ha toccato il tema delle “bambine che non ci saranno mai”, un’espressione che richiama il problema dei feticidi femminili e delle nascite mancate a causa di profonde discriminazioni di genere in alcune parti del mondo. Questo aspetto, pur non essendo direttamente collegato alla violenza fisica manifesta, è stato presentato come una forma estrema e pervasiva di violenza di genere, che ha conseguenze demografiche e sociali significative, con un impatto forte sulla composizione di genere della popolazione in determinate aree. La questione ha una complessità intrinseca, che riflette radicate disuguaglianze strutturali e la necessità di interventi che vadano oltre la mera repressione della violenza esplicita, affrontando le radici culturali e sociali del fenomeno.

La capacità di legare ricerca scientifica e pratica politica, e la profonda convinzione che il fine primario della scienza fosse migliorare le condizioni di vita delle persone, sono valori fondanti del lavoro di Maura Misiti, e di suo padre. Lello Misiti (1925-1986) nel CNR ebbe un ruolo centrale dalla fine degli anni Sessanta: fu direttore dell’Istituto di Psicologia del CNR dal 1969 fino alla morte, rendendolo un luogo di ricerca e confronto tra le discipline che studiano la mente e la società: biologia, sociologia, linguistica, intelligenza artificiale. Raddoppiò il numero dei ricercatori e rese la biblioteca dell’Istituto un punto di riferimento per studiosi e scienziati.

Inoltre ebbe un rapporto fecondo con Franco Basaglia, con il quale diede un contributo decisivo per la legge 180 e la riforma psichiatrica.

Infine occorre citare il suo impegno politico sulla psicologia del lavoro e la salute ambientale a fianco del sindacato, e il ruolo nel PCI come primo responsabile della Sezione Ambiente, dal 1983 alla scomparsa prematura nel settembre 1986.

Padre e figlia si sono caratterizzati per un modo simile di condurre la ricerca, con una costante attenzione alla realtà sociale, spinti dall’obiettivo di produrre un cambiamento nella vita collettiva.


Federica Ciavoni

f.ciavoni@pensiero.it