Fanon e Sartre sulla violenza coloniale

L’editoriale di Maurizio Bonati, pubblicato sul numero di Ricerca&Pratica di settembre-ottobre1 dedicato a Fanon, offre lo spunto per alcune riflessioni sui rapporti che intercorsero tra Franz Fanon e Jean Paul Sartre. Quest’ultimo, il principale esponente dell’esistenzialismo, introdusse e supportò il lavoro di Fanon in Francia, riconoscendo l’importanza delle sue riflessioni sulla violenza coloniale e sulla liberazione. Sartre scrisse nel 1961 la prefazione a “I dannati della terra” di Fanon. Quando Sartre si accinse a redigere la sua prefazione non era ancora terminato il conflitto franco-algerino, che iniziò il primo novembre del 1954 e che, quattro anni dopo, vide pure lo scoppio di attentati terroristici sul suolo francese. Lo scontro cruento tra l’esercito governativo e il Fronte nazionale di liberazione guidato dagli indipendentisti africani si sarebbe concluso solo nel 1962, con la formalizzazione dell’indipendenza. Fanon si era formato in Francia dove compì anche studi filosofici e dedicò la sua breve vita a scrivere degli oppressi del terzo mondo e a lottare per le loro condizioni. Fu in particolar modo l’esperienza vissuta in Algeria presso l’Ospedale psichiatrico di Blida-Jonville, del quale divenne Direttore e diresse un intero reparto, a confermargli le oggettive difficoltà di lavoro in un contesto coloniale aggravato, nello specifico, dai sommovimenti, dalle proteste e dalla lotta armata contro la dominazione francese, sempre più crescenti dal momento del suo arrivo nel novembre del 1953. La morte di Fanon avverrà pochi giorni dopo la pubblicazione de “I dannati della terra” che diventerà un classico dell’antropologia postcoloniale.

Le parole di Sartre nella prefazione erano rivolte ai francesi: “Cosa può importargliene, a Fanon, che voi leggiate o meno la sua opera?” chiedeva Sartre che sottolineava che il testo di Fanon è un grido di aiuto, rivolto agli stessi colonizzati. Secondo Sartre l’idea coloniale basata sull’addomesticamento e non sulla convivenza pacifica non potrà che generare forze e ribellioni violente da parte dei colonizzati. Da un lato l’antico umanesimo universalista, imbevuto della superiorità della propria cultura da non provare imbarazzo nei panni del colono, e dall’altro la classe lavoratrice. Così la popolazione francese era ambiguamente divisa tra la complicità con l’oppressione coloniale e la sua stessa condizione di subalternità. Sartre spiegava come, attraverso la ribellione, l’oppresso si possa sentire nuovamente libero. Il nodo della filosofia della storia di Fanon diventa una dialettica in senso hegeliano. Sartre è tra gli intellettuali che si proposero di riconsiderare la “Fenomenologia dello spirito” di Hegel. Un’operazione compiuta dallo stesso Fanon che, profondamente influenzato in particolare dal “Saggio di ontologia fenomenologica” di Sartre (sottotitolo di “L’essere e il nulla”) e dall’esistenzialismo di origine sartriana, espresso in “L’esistenzialismo è un umanismo”, tese sostanzialmente a prendere le distanze dalla dialettica servo-signore, ovvero uno degli elementi cardine del pensiero hegeliano. In Fanon matura la convinzione che il bianco, nel relazionarsi con l’Altro (il nero), instaura un rapporto profondamente razzista e non un rapporto di tipo intersoggettivo, tra i due non esiste reciprocità. La dialettica servo-signore di derivazione hegeliana non produce la sua sintesi, bensì un illusorio riconoscimento in quanto la liberazione dello schiavo nero è avvenuta formalmente senza passare attraverso la lotta. Attraverso la lotta, ci si poteva riconoscere nuovamente umani e tornare in possesso del proprio destino. Le pagine della prefazione di Sartre chiudevano con un presagio: “Il terrore ha lasciato l’Africa per impiantarsi qui”, una frase che rimandava all’urgenza del riconoscere l’anima coloniale d’Europa, e la furia dei popoli oppressi, che si sarebbe scagliata contro l’oppressore per farci pagare la vergogna dei crimini mai riconosciuti della nostra storia. Non va dimenticato che l’approccio di Sartre e Fanon alla questione algerina fu in ultima istanza diverso, antropologico per l’uno, e antropolitico per l’altro. Sartre si concentrò maggiormente sulla analisi esistenziale della violenza coloniale, mentre Fanon sviluppò un’analisi più radicalmente politica nel senso di una critica radicale del sistema politico coloniale e delle sue fondamenta psicologiche e culturali.

Domenico Ribatti

domenico.ribatti@uniba.it

1. Bonati M. I dannati della terra. Ricerca&Pratica 2025; 41: 195-7.