Per una salute equa, aggiornata e universale

Il movimento Siamo Tutti Ippocrate è nato spontaneamente agli Spedali Civili di Brescia nella primavera del 2020, in piena pandemia, intorno ad un gruppo di medici delusi dalle mancate risposte delle istituzioni alle richieste del mondo medico che già da anni denunciava le carenze del sistema sanitario nazionale e la cattiva gestione di quelli regionali e locali, mancanze che l’emergenza-Covid ha solo messo a nudo. Non assuefatti ad una logica aziendale (parità di bilancio quando non profitto, anche a scapito della salute) anziché sanitaria (il paziente al centro del progetto-cura), quella dei medici STI è diventata presto una chat di segnalazione delle difficoltà e lo spunto per proporre soluzioni (non solo da parte di medici, ma anche di infermieri, tecnici, biologi, amministrativi, informatici, ecc.).

La partecipazione è spontanea, non è richiesta iscrizione, aperta a qualunque medico che si riconosca nel giuramento di Ippocrate, senza preclusioni di alcun genere, tantomeno di ruolo medico (ospedaliero, universitario, Medico di Medicina Generale, Pediatra di Libera Scelta; dipendente o libero professionista; pubblico o privato): siamo tutti Ippocrate!

Alla guida non vi sono né partiti né sindacati, né spinte esterne (ideologiche ed economiche). Ma proselitismo di adesioni e idee nello spirito del movimento sono ben accette da qualunque parte provengano.

Protestiamo perché non tolleriamo più il modo in cui la Sanità viene sottofinanziata, male amministrata e poco coordinata a livello nazionale, regionale, locale. E non sopportiamo il progressivo smantellamento del Sistema Sanitario Nazionale, che annuncia un futuro della Sanità a due velocità: quella per i ricchi e quella per i poveri. Chiediamo maggiori risorse umane, strutturali, economiche.

Accanto ad ogni protesta siamo consapevoli che debba esserci una proposta: che per quanto riguarda le realtà locali può partire da un dialogo collaborativo tra i dirigenti e gli operatori della sanità (non solo medici), in una logica che non sia più solo di accordi tra politici e sindacati (da entrambe le fazioni ci sentiamo ben poco rappresentati). Mentre per la gestione della Sanità nazionale e regionale riteniamo imprescindibile un cospicuo maggior finanziamento e un’uniformità organizzativa che superi l’attuale logica di 21 Sistemi sanitari regionali con regole, prescrizioni, procedure e prestazioni differenti.


Roberto Micheli

UONPIA Spedali Civili, Brescia

microby59@gmail.com

Egregio Presidente Sergio Mattarella,

dietro ai volti di questa foto non c’è la sofferenza di migliaia di medici e operatori sanitari che hanno curato e accudito con passione centinaia di migliaia pazienti-Covid durante la terribile pandemia, ma il dolore per essersi sentiti abbandonati ben prima dell’emergenza e soprattutto la preoccupazione di esserlo ancora di più dopo.

Da troppi anni la politica ha rinunciato al suo ruolo di garante di due diritti fondamentali della nostra Costituzione: la salute e l’istruzione. Il risultato è, nella contingenza, migliaia di morti evitabili e un senso civico così scarso da ritenerlo padre delle sconcertanti “movide”.

I medici possono perdonare gli errori che la politica sanitaria ha commesso finora, nonostante i numerosi, preventivi richiami della classe medica, ma ora si aspettano una netta inversione di rotta rispetto alla cattiva gestione della Sanità locale, regionale e nazionale degli ultimi decenni.

Se per quella locale, che va dal medico di campagna al grande ospedale, il nostro impegno collaborativo con i dirigenti in loco può in parte permetterci di ricostruire una Sanità migliore, abbiamo invece bisogno del Suo aiuto affinché si riorganizzino – con risorse, capacità e indipendenza – le sanità regionali (con la speranza di una gestione unitaria e non divisa in 21 feudi con regole e prestazioni differenti) e soprattutto quella nazionale, scandalosamente sottofinanziata.

Ora che l’alibi della mancanza di fondi è caduto, non possiamo tacere lo sconcerto che ha sopraffatto i sanitari italiani alla notizia del mortificante stanziamento di 9 miliardi di euro per la Sanità sui 196 totali del Recovery Plan. Per uno Stato che già da lustri stanzia per la Sanità poco più della Grecia, e quasi la metà di Francia e Germania. Per un SSN che è stato uno dei principali motivi di orgoglio dell’Italia repubblicana a livello mondiale e che la pura abnegazione ippocratica dei medici (in carenza di strutture, organizzazione, finanziamenti, progetti; in surplus solo di burocrazia e col primato dell’amministrazione sulla medicina) ha permesso di mantenere negli anni a un livello di eccellenza riconosciuto nel mondo.

Ora noi medici non ce la facciamo più. È triste che ce l’abbia ricordato un invisibile virus, quando solo i ciechi negli ultimi anni si ostinavano a ignorare lo smantellamento progressivo del SSN.

Da anni noi medici paventiamo un futuro della Sanità a due velocità: quella per i ricchi e quella per i poveri. Quando il malato potrà tornare a essere “paziente” di chi si prende cura di lui e non “cliente” dell’azienda che pare abbia messo al centro dell’interesse il profitto e non la cura? A quando un riproporzionamento tra sanità pubblica e privata?

Non abbiamo la pretesa di riformare l’Italia. Non è nostro compito. Ma desideriamo curare i nostri pazienti e per farlo abbiamo bisogno che lo Stato ci aiuti. Un saggio motto recita che “quando c’è la salute c’è tutto”. Non aspettiamo di perdere quel “tutto”. Non ci interessa differenziarci tra medici ospedalieri e universitari, medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, dipendenti o libero-professionisti, pubblici o privati: abbandonando chi si fa carico della salute, dalla cura alla ricerca, lo Stato sta abbandonando tutti i suoi figli più deboli.




Egregio Presidente, dietro ai volti di questa foto non ci sono gli “eroi” della pandemia, ma professionisti che non ora, ma da anni non ce la fanno più. Che continueranno a mettere passione, professionalità e abnegazione: del tutto insufficienti senza adeguate risorse umane, strutturali ed economiche.

I medici che Le stanno scrivendo non sono guidati da partiti né da sindacati, ma solo dalla deontologia professionale. E dall’amore per la vita e la salute degli altri. Ora più che mai siamo tutti bisognosi del Suo aiuto. Siamo tutti Ippocrate. In questo momento anche Lei.

Caro Presidente, in occasione del nuovo anno vogliamo augurare a Lei e agli italiani un Buon Sistema Sanitario Nazionale per il 2021 e gli anni a venire. Augurandoci che Lei ci aiuti a renderlo migliore.

Siamo tutti Ippocrate