Uno sguardo al neurosviluppo raggiunto
ai 2 anni d’età

Giulia Segre1, Ilaria Costantino2,
Francesca Scarpellini
1, Valeria Tessarollo2,
Antonio Clavenna
1, Maurizio Bonati1


1. Laboratorio
per la Salute Materno Infantile, Dipartimento
di Salute Pubblica, Istituto
di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS, Milano maurizio.bonati@
marionegri.it

2. Unità di Neuropsichiatria Infantile, Ospedale
Santi Paolo e Carlo, Milano



ABSTRACT

A look at neurodevelopmental status at 2 years of age

When a child develops a psychological disorder, even a mild one, early diagnosis is essential to provide a timely and appropriate intervention that can improve, both, the child’s symptoms and development. Early identification can prevent consequences of differing levels, in the short and long term, and in the individual, in his or her family, and in society as a whole. Hence the importance of paediatrician’s point of view and clinical know-how in identifying potential disorders early, but also the parents’ views. It is therefore important to actively involve parents upon initial diagnosis.

In this regard, within the NASCITA Project, a study branch aimed at building a shared, active approach between parents, paediatricians and neuropsychiatrists/psychologists was activated for the age 2-year health assessments (well-child visits) phase. Three tests were used: the M-CHAT-R (Modified Checklist for Autism in Toddlers, Revised) to evaluate language, social skills, behaviour, sensory areas; the PSI-SF (Parenting Stress Index – Short Form) to verify the degree of discrepancy perceived by the parent between the child’s requests and his or her ability to deal with them adequately; the DERS (Difficulties in Emotion Regulation Scale) to highlight the difficulties of each parent in recognising, interpreting, and managing their emotions. The tests were given to 380 parents (142 couples, 215 mothers and 23 fathers) by 45 family paediatricians during the well-child visit held at two years of age. In all, 33 children (9%) resulted at risk, with a score of ≥3, 1 of whom was found to be at high risk. For 64 children (16.8%) at least one of the parents tested positive for PSI-SF and for 19 (5%) children at least one parent tested positive with the DERS. After combining the results obtained from the three tests and the clinical evaluation, and assessing the child’s condition with respect to those results, the pediatrician can provide the parents with a concise description of what emerged and provide a summarised report for the specialist. Such an effort leads to timely, shared communication within the parent-paediatrician-neuropsychiatrist triad that includes specificity of intervention and that can contribute to the effectiveness of the response.

Key words. Child development | screening | infant mental health | child advocacy | primary care.


RIASSUNTO

Alla comparsa di un disturbo psicologico nel bambino, anche lieve, una diagnosi precoce è fondamentale per dar seguito ad un intervento tempestivo e appropriato finalizzato ad un miglioramento sia del quadro sintomatologico che dello sviluppo del bambino. Un’identificazione precoce consente di prevenire le conseguenze di varia entità, a breve e lungo termine, sia sull’individuo che sulla famiglia e sull’intera società. Da qui l’importanza dell’”occhio” e della pratica clinica del pediatra nell’individuare precocemente potenziali disturbi, ma anche quello dei genitori.
È quindi importante coinvolgere attivamente i genitori sin dalla fase della diagnosi.

A tale proposito, nell’ambito dell’albero-progetto NASCITA è stato attivato un ramo mirato a costruire un approccio condiviso e attivo tra genitori, pediatri e neuropsichiatri/psicologi in occasione dei bilanci di salute dei due anni d’età. Sono stati utilizzati tre test: l’M-CHAT-R (Modified Checklist for Autism in Toddlers, Revised) per valutare il linguaggio, le competenze sociali, il comportamento, l’area sensoriale;
il PSI-SF (Parenting Stress Index – Short Form) per verificare il grado di discrepanza percepita dal genitore tra le richieste del figlio e le proprie capacità di farvi fronte adeguatamente; la DERS (Difficulties in Emotion Regulation Scale) per evidenziare difficoltà di ciascun genitore nel riconoscere, interpretare e regolare le proprie emozioni. I test sono stati sottoposti a 380 genitori (142 coppie, 215 madri e 23 padri) da parte di 45 pediatri di famiglia in occasione della visita per il bilancio di salute ai due anni d’età. 33 bambini (9%) sono risultati a rischio riportando un punteggio ≥3 e 1 di questi è risultato essere ad elevato rischio. Per 64 bambini (16,8%) almeno uno dei genitori è risultato positivo al PSI-SF e per 19 (5%) bambini per quanto concerne i risultati positivi della compilazione della DERS. Combinando i risultati ottenuti dai tre test e dalla valutazione clinica, accertatosi delle condizioni del bambino rispetto ai risultati emersi, il pediatra può restituire ai genitori una sintetica descrizione di quanto emerso e sintetizzare una relazione strutturata per lo specialista. Una comunicazione condivisa all’interno della triade genitore-pediatra-neuropsichiatra in termini di tempestività e specificità di intervento che può contribuire anche all’efficacia della risposta.

Parole chiave. Sviluppo del bambino | screening | salute mentale in età evolutiva | difesa dei bambini | cure primarie.



Lo sviluppo mentale può essere definito in termini di capitale mentale e benessere mentale. Il capitale mentale rappresenta risorse cognitive ed emotive (processi di acquisizione di conoscenze, flessibilità ed efficienza dell’apprendimento, capacità di comprendere e gestire le proprie emozioni, abilità sociali). Il benessere mentale è la capacità di un individuo di sviluppare il proprio potenziale, di lavorare in modo produttivo, di costruire relazioni forti e positive con gli altri e di contribuire alla comunità. Sono quindi molteplici le esposizioni relazionali, culturali e ambientali che nel corso della vita contribuiscono al capitale e al benessere mentale sin dalla nascita1.

Il piano genetico che guida lo sviluppo cerebrale si basa in modo significativo sulle prime esperienze per stimolare l’organizzazione delle interconnessioni neurali. Lo sviluppo del cervello è di natura cumulativa e avviene in modalità multimodale, con “finestre di opportunità” nei primi periodi sensibili e critici della vita quando la recettività alle esperienze è elevata2.

Se queste “opportunità” non vengono adeguatamente colte sono probabili deficit nel funzionamento psicologico. Alla comparsa di un disturbo anche lieve una diagnosi precoce è fondamentale se a questa fa seguito un intervento tempestivo e appropriato finalizzato ad un miglioramento sia del quadro sintomatologico che dello sviluppo del bambino3-5. Un’identificazione precoce a cui consegue un’immediata presa in carico e trattamento è fondamentale in quanto consente di prevenire le conseguenze di varia entità, a breve e lungo termine, sia sull’individuo che sulla famiglia e sull’intera società.

L’attenzione ai fattori di rischio e l’attivazione dei fattori protettivi consentono di mettere in atto interventi di promozione della salute (anche) mentale non solo curativi, ma anche preventivi per tutti i livelli, atti e fasi della prevenzione. Alcuni fattori di rischio sono maggiormente associati a specifici disturbi, per esempio quelli relativi allo spettro autistico sono: l’età paterna, il basso peso alla nascita, l’ipossia fetale e lo stress respiratorio. Mentre il basso peso alla nascita, l’età gestazionale e il reddito famigliare sono invece maggiormente correlati al disturbo dell’attenzione e dell’iperattività6. La grande plasticità del sistema nervoso nei primi anni di vita può essere regolata sia da fattori positivi che negativi e l’attivazione di programmi di screening basati su tali associazioni può ridurre la gravità dell’espressione sintomatologica e delle ricadute funzionali dei disturbi7-10.

Da qui l’importanza dell’”occhio” e della pratica clinica del pediatra, in particolare quello di famiglia, nell’individuare precocemente potenziali disturbi.

Il ruolo dei genitori nell’identificazione dei primi sintomi è cruciale e anche i genitori devono essere coinvolti nella valutazione. Sono i genitori che si accorgono del ritardo nell’acquisizione di alcune tappe evolutive fondamentali o delle caratteristiche comportamentali atipiche nella risposta del proprio bambino agli stimoli, ai richiami o in generale nella comunicazione e nella relazione con gli altri. È quindi importante coinvolgere attivamente i genitori sin dalla fase della diagnosi.  

In tutta la medicina e anche nell’ambito della neuropsichiatria infantile l’attenzione è sempre più rivolta alla prevenzione. È infatti ampiamente dimostrato che nella psicopatologia infantile la prevenzione consente di ridurre l’incidenza di patologie psichiatriche gravi non solo nel corso della crescita, ma anche nell’età adulta. Preservare la salute mentale del bambino è essenziale per prevenire l’insorgenza dei disturbi mentali in tutto il corso della vita e questa azione dovrebbe essere una delle priorità anche a livello politico e istituzionale9. Purtroppo la disattenzione istituzionale è cronica e l’organizzazione dei servizi di cura e riabilitazione neuropsichiatrica per l’età evolutiva sconta ritardi nell’allocazione di risorse e nell’uso appropriato e qualitativo di queste ultime11. In tale contesto diventa ancora più rilevante il ruolo delle figure e delle professionalità che accompagnano il bambino per l’acquisizione del miglior benessere: i genitori osservatori privilegiati; il pediatra di famiglia come referente dei genitori, primo punto di riferimento e responsabile dell’advocacy a sostegno dello star bene del bambino; il neuropsichiatra/psicologo in quanto specialista. Col crescere saranno anche l’educatore e l’insegnante a dover essere coinvolti affinché l’efficacia di un intervento con il bambino ne benefici. Purtroppo nella pratica sia la condivisione di informazioni che la raccolta/osservazione necessitano di sistematizzazione, di criteri basati su prove di evidenza e di fattibilità. A tale proposito, nell’ambito dell’albero-progetto NASCITA12 è stato attivato un ramo mirato a costruire un approccio condiviso e attivo tra genitori, pediatri e neuropsichiatri/psicologi in occasione dei bilanci di salute dei due anni d’età. La possibilità di avviare programmi di screening è connessa alla difficoltà di individuare uno strumento specifico e sensibile per identificare i soggetti maggiormente a rischio13. Sono stati scelti tre test che fossero semplici da utilizzare da parte del pediatra e dei genitori, validati per il contesto italiano e che fossero sensibili in termini di precisione e accuratezza nel fornire informazioni, quindi utili nell’individuare precocemente un potenziale bisogno così da attivare l’accompagnamento del bambino e della famiglia ad un approfondimento (vedi Appendice).  


LE COMPETENZE E LE ATTITUDINI DEL BAMBINO

Modified Checklist for Autism in Toddlers, Revised (M-CHAT-R)

L’M-CHAT-R è uno strumento di screening per l’autismo. I destinatari dello strumento sono i genitori e il suo obiettivo è valutare il rischio del bambino di soddisfare i criteri per un disturbo dello spettro autistico. Tuttavia con il test si vogliono indagare quattro aree (il linguaggio, le competenze sociali, il comportamento, l’area sensoriale) oggetto di valutazione di tutti i bambini da parte del pediatra.

Ricevere una diagnosi tempestiva dovrebbe consentire l’attivazione al bisogno di interventi volti a migliore il livello verbale, di apprendimento e relazionale13. Sebbene nell’ultimo decennio la diagnosi precoce dei disturbi dello spettro sia migliorata vi è un ulteriore margine di miglioramento e il contributo del pediatra di famiglia è determinante14.

La M-CHAT-R è uno strumento di screening da sottoporre ai genitori costituito da 20 item a risposta dicotomica (sì/no) volti a indagare i comportamenti usuali del bambino15. La maggior parte delle domande che portano a una risposta negativa indica un potenziale rischio di disturbo. Se il punteggio è minore di 3, il bambino risulta essere a basso rischio, con punteggio tra 3 e 7 a medio rischio, infine se il punteggio è maggiore di 8, il bambino risulta essere a rischio elevato. In questo caso si suggerisce un intervento immediato di approfondimento diagnostico da parte di un neuropsichiatra/ psicologo.

Nel caso di un punteggio 3-7 si può procedere ad un approfondimento ulteriore da parte del pediatra di famiglia utilizzando l’intervista di follow-up. L’intervista consente di migliorare il valore predittivo positivo del test raccogliendo informazioni aggiuntive ed esempi specifici dei comportamenti risultati “a rischio” nella checklist iniziale. Qualora all’intervista di follow-up si dovesse avere un numero di risposte positive ≥ 2 viene suggerito un approfondimento diagnostico da parte di uno specialista. Per il progetto NASCITA l’intervista di follow-up non è stata utilizzata perché per l’approfondimento da parte del pediatra è stata utilizzata una apposita lista di domande a cui rispondere acquisendo informazioni nel corso della visita (tra queste la batteria prevista dai CDC ai due anni d’età)16.

L’utilizzo della M-CHAT-R da parte del pediatra consente una valutazione più accurata e condivisa con l’osservazione dei genitori delle quattro aree dello sviluppo così da meglio gestire i potenziali bisogni (tabella I).






L’M-CHAT-R è un’importante risorsa anche per i genitori in quanto permette loro di osservare i comportamenti «usuali» del bambino, potendo confrontare ciò che il proprio figlio è in grado di fare rispetto ai comportamenti normotipici di quella fascia evolutiva, acquisendo maggiori consapevolezza e capacità di osservazione dei comportamenti del bambino (empowerment genitoriale).


IL DISTRESS GENITORIALE

Parenting Stress Index – Short Form (PSI-SF)

Il distress genitoriale è stato descritto come il grado di discrepanza percepita dal genitore tra le richieste del figlio e le proprie capacità di farvi fronte adeguatamente17. È influenzato dalle caratteristiche del bambino, del genitore, e del contesto di appartenenza. Diventare genitori rappresenta di per sé un fattore potenzialmente stressante e il distress genitoriale aumenta in presenza di bambini difficili, con sviluppo atipico, eventi stressanti e ridotto supporto sociale18.

Per valutarlo è stato utilizzato il Parenting Stress Index – Short Form (PSI-SF), un questionario autosomministrato validato in italiano nel 200819. Il PSI-SF è composto di 36 item a cui il genitore deve attribuire un punteggio su una scala Likert a 5 punti in base al grado d’accordo. Gli item appartengono a 3 scale:

la scala del Distress genitoriale descrive la percezione dell’impatto che la genitorialità ha avuto sulla propria vita, in termini di sacrificio, responsabilità e conflitto con il partner, oltre che più generali sentimenti di insoddisfazione, inefficacia personale e solitudine;

la scala dell’Interazione disfunzionale genitore-figlio mira ad individuare i sentimenti negativi connessi alla delusione delle aspettative di rinforzo positivo che il genitore ripone nei confronti dell’interazione con il figlio;

la scala del Bambino difficile indica la percezione che il genitore ha delle richieste e delle caratteristiche di temperamento difficile del bambino, come l’emotività negativa, l’irritabilità, i comportamenti provocatori e disobbedienti.

Sommando i tre punteggi si ottiene un totale quale indicatore generale del distress del genitore. I valori ≥ 85 (per i genitori di bambini di età < di 3 anni) sono considerati come indicativi di livelli elevati di distress.

Il test comprende anche una scala di Risposta difensiva (non inclusa nel punteggio totale), la quale valuta il grado con cui il soggetto risponde al questionario con la tendenza a dare un’immagine di sé più favorevole.

Punteggi elevati di distress genitoriale valutato nell’infanzia e nell’età prescolare del figlio sono stati associati a sintomi internalizzanti ed esternalizzanti e a ridotte competenze sociali del bambino in età prescolare18,20, così come a esiti psicopatologici nello sviluppo successivo21,22.

Esistono evidenze che il distress genitorale influenzi il benessere psicologico del bambino18,21. Questo avviene perché il bambino subisce lo stress, l’irritabilità del genitore e la negatività del clima familiare che ne deriva, anche quando i comportamenti del genitore non sono rivolti al figlio stesso. Inoltre, fattori che causano distress nel genitore, come avversità famigliari, eventi stressanti, fattori genetici e temperamentali, possono quindi spiegare anche problematiche emotive e comportamentali del bambino. Tuttavia nella forza dell’associazione tra distress genitoriale e stato psicologico del figlio anche altri fattori possono agire quali il parenting (le competenze genitoriali, il modo in cui i genitori assolvono alle funzioni genitoriali, la genitorialità) e la relazione d’attaccamento23,24. Un genitore stressato è propenso a interpretare negativamente i comportamenti del bambino e rispondere con minore sensibilità e responsività ai suoi bisogni, mostra meno coinvolgimento e vicinanza affettiva nella relazione con il figlio e assume uno stile educativo maggiormente autoritario. Risultano pertanto più frequenti i conflitti nella diade ed è più alto il rischio di maltrattamento.

Poiché i punteggi ottenuti dalla somministrazione del PSI-SF costituiscono validi indicatori non solo delle difficoltà psicologiche del genitore, ma anche delle interazioni genitore-bambino stressanti e di difficoltà psicologiche del bambino, il test può essere considerato un ottimo strumento per identificare precocemente le situazioni a rischio psicopatologico, con il fine di compiere valutazioni specialistiche più approfondite e avviare tempestivamente interventi con il genitore, con il bambino o con la diade.

Con i risultati del PSI-SF il pediatra dispone di una misura «oggettiva» del malessere del genitore in termini di preoccupazioni, percezioni, vissuti negativi o positivi così da poter meglio contribuire, anche indirizzando/accompagnando ai servizi appropriati, a contenere o ridurre il distress genitoriale (tabella I). Il pediatra diviene inoltre una figura di riferimento alla quale potersi affidare nel momento del bisogno, non solo per le esigenze del bambino, ma anche per le proprie.

Compilare il PSI-SF da parte del genitore lo costringe a riflettere sui propri vissuti, sulle percezioni di sé come genitore e sull’influenza che questi hanno non solo sul proprio benessere generale, ma anche su quello del figlio. Anche in questo caso un’azione volta all’empowerment genitoriale.


LA DISREGOLAZIONE EMOTIVA

Difficulties in Emotion Regulation Scale (DERS)

Per disregolazione emotiva si intende la difficoltà della persona nel riconoscere, interpretare e regolare le proprie emozioni, rendendole adattive in base al contesto in cui si trova25,26. Non significa quanto la persona sia capace di controllare o reprimere le emozioni, specialmente quelle spiacevoli, ma quanto lo sia di sperimentarle tutte (gioia, paura, tristezza, rabbia, sorpresa, disgusto), modularne l’intensità e l’espressività. La disregolazione emotiva gioca un ruolo importante nello sviluppo emotivo del bambino e più tardi nello sviluppo sociale dell’adolescente, costituendo uno dei fattori di rischio per lo sviluppo dei disturbi del neurosviluppo come l’ADHD, i disturbi del comportamento, l’uso di sostanze e il rischio suicidario27-29.

Dove si apprende? Come si tramanda? La traiettoria intergenerazionale della disregolazione emotiva viene tramandata di genitore in figlio influenzandone lo sviluppo emotivo e più tardi lo sviluppo sociale25,26,28. Diversi sono i meccanismi attraverso i quali il bambino impara a regolare le emozioni. La prima è quella dell’osservazione e imitazione dei modelli genitoriali. Ma anche il clima emotivo famigliare che può essere allarmante, imprevedibile oppure distanziante, repressivo e punitivo può determinare la regolazione delle emozioni. La modalità in cui vengono percepite le emozioni da parte dei genitori è importante: se sono accolte positivamente oppure punite; se sia lecito esprimerle apertamente oppure siano fonte di vergogna; quali credenze sono associate ad esse; se il bambino viene reputato debole, lamentoso; se provocano senso di colpa nel genitore per non essere in grado di far fronte allo stato d’animo del proprio figlio. I genitori insegnano ai propri figli (anche inconsapevolmente o in modo passivo) strategie per far fronte alle emozioni, se esternarle (es. pianto, grida) oppure reprimerle e tenerle per sé per non mostrarsi deboli davanti agli altri, imparare a calmarsi attraverso il respiro, oppure evitarle e nasconderle. La regolazione emotiva non può essere scissa dalla relazione di attaccamento che si instaura tra il bambino e il caregiver, come il genitore accoglie e risponde ai bisogni del figlio, costituisce una base sicura per quest’ultimo alla quale rivolgersi quando è in difficoltà per poi tornare ad esplorare l’ambiente e costruirsi la propria autonomia e indipendenza.

I fattori che contribuiscono alla disregolazione emotiva possono essere individuali, famigliari, socio-culturali, economici. Le caratteristiche temperamentali proprie del genitore e del bambino sono mediatori nella regolazione delle emozioni, oltre al livello di stress percepito. Maggiore è lo stress percepito e minore è la capacità di regolare le emozioni aumentando l’esito negativo nello sviluppo emotivo, cognitivo e sociale del bambino già dai primi anni di vita.

La scala DERS è un questionario autosomministrato sviluppato nel 2004 e tradotto in diverse lingue, tra cui l’italiano30,31. Formata da 36 item con risposta su scala Likert a 5 punti (da “quasi mai” a “quasi sempre”) la DERS è composta da 6 scale dimensionali che misurano: il grado di attenzione prestata al proprio stato emotivo (awareness), la chiarezza nel comprendere distintamente quale emozione si sta provando (clarity), la difficoltà nel mantenere il controllo del proprio comportamento quando si provano emozioni negative (impulsivity), la difficoltà nel distrarsi dall’emozione negativa che si sta provando e quindi portare a termine ciò che si sta svolgendo (goals), la scarsa accettazione rispetto le proprie emozioni (non acceptance) e il livello di fiducia nelle proprie capacità e strategie di regolazione emotiva (strategies).

Maggiore è il punteggio totale ottenuto, maggiori saranno le difficoltà emotive riscontrate (la disregolazione emotiva di chi compila). Caratteristiche dei genitori “disregolati” sono: la tendenza a provare emozioni negative secondarie, ossia in risposta al proprio stato d’animo come vergogna, disagio e frustrazione; la tendenza a reprimere e minimizzare il vissuto emotivo, arrivando a “far finta di niente”; la difficoltà nel portare a termine un compito perché sopraffatti dal rimuginio; il senso di inadeguatezza che rende difficile distrarsi da ciò che si sta provando in quel momento; l’impulsività e lo scarso controllo emotivo che può essere esternalizzato (es. aggressività, urla, scoppi d’ira, pianto) oppure internalizzato (es. ansia, depressione, sintomi psicosomatici)32-34. Altri aspetti della mancata regolazione emotiva sono la scarsa fiducia nelle proprie capacità, come il sentirsi inadeguati, sopraffatti e disperati o la mancanza di mentalizzazione, ossia di prestare adeguata attenzione al proprio vissuto, riconoscere l’emozione che si sta sperimentando sentendosi quindi confusi, spaventati e paralizzati.

Disporre dei risultati di questa scala permette al pediatra di intercettare sintomi di interazioni disfunzionali genitore-bambino relativi a ciascun genitore così da poter indirizzare/consigliare il genitore ad un approfondimento presso uno specialista nell’interesse reciproco, del genitore e del figlio, e anche poter sostenere il genitore nelle proprie difficoltà emotive, individuandone le risorse e aiutandolo a prestare maggiore attenzione a sé, ad ascoltarsi e a riflettere sul proprio vissuto (tabella I). Compilare il questionario DERS comporta per il genitore il concedersi uno spazio in cui riflettere sul proprio vissuto emotivo e farne una valutazione. Se lo fa anche il partner e ci si confronta dopo la compilazione può rappresentare un’occasione di condivisione e partecipazione dei propri limiti e delle capacità di modulare le proprie reazioni oppure esternarle rinforzando il rapporto di genitorialità e l’individuazione di bisogni.


DATI PRELIMINARI DELLO STUDIO NASCITA

L’analisi preliminare fa riferimento ai risultati dei test sottoposti a 380 genitori (142 coppie, 215 madri e 23 padri) e dalle informazioni raccolte da 45 pediatri di famiglia durante la visita del bilancio di salute ai due anni d’età.

M-CHAT-R. 33 bambini (9%) sono risultati a rischio riportando un punteggio ≥3 e 1 di questi è risultato essere ad elevato rischio. Questi tassi sono in accordo con quanto riportato in letteratura con ampia variabilità (4-14%) utilizzando lo stesso strumento35-38. Nel corso delle analisi è emersa una correlazione significativa tra i comportamenti descritti dai genitori come deficitari nell’M-CHAT-R e tre specifici item valutati dal pediatra e contemplati dalla Milestone Checklist38 utilizzata nel corso dei vari bilanci di salute. Gli item risultati significativi di approfondimento sono:

1. usa il dito indice per indicare (richiedere o mostrare);

2. tiene una matita o un bastoncino e scarabocchia sulla carta o per terra/sul pavimento;

3. sa dire alcune frasi con un numero di parole compreso tra 2 e 4.

PSI-SF. Per 64 bambini (16,8%) il test è risultato positivo di distress dei genitori e in particolare nel 13,2% dei questionari compilati dalle madri, nel 13,9% di quelli compilati dai padri e nel 4,2% di quelli da entrambi. Possiamo ipotizzare che in queste famiglie, dove entrambi i genitori esprimono distress riconducibile alla genitorialità, i bambini siano esposti a maggiore rischio di sviluppare problematiche psicologiche e l’intervento debba essere tempestivo. Inoltre non sono trascurabili i risultati relativi alle risposte difensive che rappresentano il 25,6% dei risultati positivi nelle madri, il 29,3% nei padri e il 41,5% nelle coppie genitoriali – almeno un genitore con risultato positivo. È ipotizzabile dunque che diversi genitori abbiano voluto offrire un’immagine di sé e della propria esperienza genitoriale più positiva. Questi dati evidenziano l’importanza per il pediatra di costruire un rapporto di fiducia e alleanza con i genitori affinché si sentano maggiormente disponibili a condividere le proprie difficoltà e ricevere aiuto.

Considerando le sottoscale del PSI-SF la maggiore prevalenza di positività si osserva nelle risposte della scala Bambino difficile (26,1% nelle madri, 26,3% nei padri, 37,3% nella coppia genitoriale), mentre risultano inferiori i punteggi delle scale Distress genitoriale e Interazione disfunzionale genitore-figlio. L’andamento si inverte nei casi risultati negativi. Quindi il PSI-SF è efficace nell’identificare bambini che posseggono tratti temperamentali difficili con maggiore rischio psicopatologico e che i genitori di questi bambini siano soggetti a sperimentare maggiori livelli di stress.

DERS. Sono 19 i bambini (5%) con almeno un genitore positivo al test. Il 2,8% delle madri e il 6,1% dei padri riportano punteggi clinicamente significativi. Le prevalenze sono risultate simili nei test effettuati da entrambi i genitori, suggerendo quindi una tendenza dei papà a esprimere una maggiore disregolazione emotiva e una minore sicurezza riguardo le proprie capacità genitoriali.




M-CHAT-R, PSI-SF, DERS. Analizzando i risultati ottenuti con i tre test il pediatra è nella condizione di valutare potenziali disturbi del bambino, ma anche l’associazione con la genitorialità nel manifestarsi della sintomatologia così da accompagnare adeguatamente la diade dallo specialista (neuropsichiatra/psicologo) a cui verrà riferito il caso.

La maggior parte dei genitori (287/380) non riporta alcun campanello d’allarme rispetto al proprio bambino, nessun segnale di stress genitoriale e una buona regolazione emotiva (tabella II).




Nessun campanello d’allarme viene rilevato da 60/380 genitori dei quali: 42 si ritengono stressati pur mantenendo una buona regolazione emotiva, 7 non segnalano livelli elevati di stress a fronte di una eccessiva disregolazione emotiva, e 11 sono eccessivamente allarmati e disregolati. Aspetti problematici nel bambino emergono per 33/380 genitori: 21 non mostrano segnali di stress né di mancata regolazione emotiva, 11 riferiscono un elevato livello di stress con buone capacità di regolazione emotiva e un solo genitore ha difficoltà a regolarsi senza tuttavia percepire il livello di stress. Lo scenario peggiore, in cui tutti i test risultano positivi, non si profila per nessuno. Combinando i risultati ottenuti dai tre test e dalla valutazione clinica, accertatosi delle condizioni del bambino rispetto ai risultati emersi, il pediatra può restituire ai genitori una sintetica descrizione di quanto emerso e sintetizzare una relazione strutturata per lo specialista (ultima colonna tabella II). In generale sembrano emergere due tendenze opposte, la minimizzazione e l’esagerazione del potenziale disturbo. Quindi compito del pediatra è anche quello di verificare che quanto riportato dai genitori corrisponda alla reale condizione del bambino. Sarà poi lo specialista, se necessario, a meglio definire la presenza del disturbo e la sua entità.

I risultati discordanti tra M-CHAT-R e PSI-SF potrebbero indicare scenari a rischio psicopatologico elevato, dove il genitore non coglie e non si prende cura in modo adeguato dei bisogni del bambino.


LA COMUNICAZIONE ATTESA PER PROCEDERE

L’utilizzo nella pratica della pediatria di famiglia di strumenti standardizzati come quelli qui presentati può consentire di individuare precocemente e in modo oggettivo elementi indicativi di un problema potenziale o in essere, consentendo una valutazione specialistica più tempestiva.

Pensiamo per esempio a quelle situazioni nelle quali il genitore segnala problematiche che il pediatra non ha modo di osservare direttamente, ma che deve valutare per poi agire. Oppure, al contrario, quando il pediatra coglie elementi disfunzionali che invece il genitore non vuole o non è in grado di vedere: situazione che dilata i tempi e limita le modalità di intervento.

Il genitore arriva dal neuropsichiatra infantile con uno stato d’animo che varia da una vaga diffidenza, a uno stato d’ansia e di paura, fino ad arrivare ad atteggiamenti di resistenza e ostilità. C’è paura del giudizio, del “verdetto diagnostico”, che venga messa in dubbio la stessa potestà genitoriale. Tutto questo condiziona l’atteggiamento iniziale del genitore nella relazione con il neuropsichiatra: spesso di tipo normalizzante o al contrario eccessivamente allarmato, oppure negante. Questa condizione fa sì che molte informazioni utili alla comprensione del problema vengano perse o emergano molto avanti nella valutazione. Si tratta di informazioni relative a tutti quei fattori che intervengono nell’eziopatogenesi della psicopatologia dell’età evolutiva, non solo inerenti direttamente il bambino, ma anche la storia dei genitori e delle famiglie di origine, lo stile educativo e il tipo di attaccamento. Queste informazioni sono importanti per lo specialista per orientare la diagnosi, per ipotizzare una traiettoria evolutiva del disturbo e per impostare un’appropriata terapia, potendo scegliere il tipo di trattamento funzionale non solo alla cura del sintomo manifestato, ma anche a prevenire l’aggravamento. È compito del neuropsichiatra vincere le resistenze del genitore e instaurare una relazione di fiducia affinché queste informazioni possano emergere. In tale contesto il ruolo del pediatra di famiglia può essere facilitante perché conosce sia il bambino fin dalla nascita che il nucleo famigliare e ha osservato e valutato le potenziali disfunzionalità.

Una comunicazione condivisa all’interno della triade genitore-pediatra-neuropsichiatra in termini di tempestività e specificità di intervento potrebbe quindi contribuire anche all’efficacia della risposta. Con l’esercizio fatto creando un ramo pilota del progetto NASCITA, si è dimostrata la fattibilità di attivare un processo di comunicazione utilizzando un linguaggio comune rappresentato anche da strumenti standardizzati quali quelli qui presentati. Si pensi per esempio all’M-CHAT come segnalatore precoce di comportamenti suggestivi dei disturbi dello spettro autistico, in base al quale il neuropsichiatra inizierà a svolgere subito approfondimenti in quella direzione. Così come la DERS come indicatore di alta espressività emotiva genitoriale in grado di orientare, fin dall’inizio della fase valutativa, verso una problematica nelle dinamiche di attaccamento. Ovviamente la comunicazione pediatra-neuropsichiatra dovrebbe essere a doppio senso e prevedere una restituzione di informazioni da parte del neuropsichiatra concernenti la diagnosi, la presa in carico, il trattamento.  

Una comunicazione diretta oltre a garantire la collaborazione fra le parti consentirebbe di evitare errori dovuti all’intermediario-genitore che non sempre è in grado di comprendere o di riferire correttamente. Nei casi più lievi, nei quali si decide di assumere una condotta d’attesa e di rivedere il paziente dopo un tempo prefissato, il coinvolgimento attivo del pediatra di famiglia può contribuire a prevenire i casi di drop out avendo l’occasione di vedere il bambino o il genitore nel periodo di attesa; trasformando un tempo d’attesa in vigile osservazione. Come ha avuto modo di mettere in luce aspetti disfunzionali per i quali ha dato indicazione documentata per una prima valutazione specialistica, allo stesso modo il pediatra di famiglia è “alleato” attivo monitorando il percorso di cura condiviso con il neuropsichiatra. Un percorso che vede la partecipazione attiva del pediatra di famiglia nel triage d’accesso ai servizi di neuropsichiatria infantile. Un percorso a tutt’oggi accidentato per pazienti e famiglie che ne hanno diritto.

Il presente articolo esce in contemporanea anche sull’edizione di Medico e Bambino del mese di maggio e sul numero 3 di Quaderni acp.


















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